CONFLITTO,  CORRELATIVO OGGETTIVO,  DETTAGLI E INFORMAZIONI,  EMPATIA,  IMPARIAMO INSIEME ~ TECNICHE NARRATIVE,  INFODUMP,  IRONIA DRAMMATICA,  MOSTRARE,  NARRATORE E NARRAZIONE,  PERSONAGGI,  PUNTO DI VISTA,  UN PROCIONE AL GIORNO,  WORLDBUILDING

ACCIAIO DI VALYRIA E VETRO DI DRAGO

(fra correlativo oggettivo e conflitto)

Tutti a parlare dell’ultima stagione de “Il trono di spade”, della Battaglia della Lunga Notte, dei suoi pregi e dei suoi difetti, di Arya, Daenerys, Gionsnò e blablabla…

Noi, invece, vogliamo parlare di qualcosa che ci serva, e che sia strettamente correlato alla scrittura.
… ed è per questo che anche noi parleremo proprio di quella battaglia.

Già. Più o meno.
Ma in maniera diversa. E senza (quasi) spoiler. Non dell’ultima serie TV, almeno.

(Ma do per scontato che tutto il resto l’abbiate letto e visto perché ne ho bisogno per farvi capire di cosa sto parlando. Vi segnalerò il punto di non ritorno dell’articolo, così deciderete voi.)

Una delle paure più frequenti, quando si parla di DETTAGLI UTILI a una storia, è quella di dover rinunciare a dettagli SUGOSI che diano sapore (termine altamente tecnico, per i puristi della letteratura), per concentrarsi solo su quelli FUNZIONALI.
Perché si sa che, per l’economia della storia, ha senso inserire ciò che è essenziale alla fruizione. Ma cos’è “essenziale”? (Beh, potete trovarne un’idea proprio qui.)

Comunque è un bel cruccio. Sapore o funzionalità?

Se solo ci fosse un modo per avere dettagli sugosi e funzionali allo stesso tempo…
Ah! Giusto! C’è.

Il punto è che anche il “colore” di una storia fa parte di ciò che dobbiamo portarci a casa quando la fruiamo.
Quindi, chi professa (o crede) che una storia debba essere scarna a prescindere, perché i particolari l’appesantiscono, si sbaglia di grosso.
Moltissime volte non si comprende che non è tanto QUANTI particolari inserisci, ma COME lo fai.
(Ma su questo ci torneremo quando parleremo di INFODUMP).

Per adesso, teniamo a mente che i dettagli sono importanti anche per il modo in cui vengono inseriti in una narrazione, e vediamo di dipanare la matassa.

Mettiamo che io sia un autore barbuto e occhialuto a caso, che ha schiere di fan che lo maledicono quotidianamente perché non finisce di scrivere l’”epopea” che ha iniziato eoni fa…

E facciamo che io abbia creato un mondo, e che la conquista di quell’ARENA sia il perno su cui ruotano tutti gli intrecci: cioè la mia POSTA IN GIOCO.

Facciamo anche che mi inventi un cattivo sovrannaturale che più cattivo di così non si può, ma che nessuno lo prenda in considerazione perché ha quel sapore mistico delle leggende usate per spaventare i bambini, e anche perché sta dietro un’enorme muro di ghiaccio impenetrabile (che tra l’altro è stato creato quasi appositamente per assolvere quello scopo… guarda un po’).

Facciamo che questo cattivo abbia un’armata praticamente invincibile perché creata da uomini e creature che non possono morire, perché già morti.
Facciamo che portino al loro passaggio proprio il gelo della morte.

Ok. Mi sembra già tanta carne al fuoco.

Adesso, se non voglio che questo cattivo vinca, devo comunque dargli un punto debole che penetri la sua presunta invulnerabilità.

Così, in uno slancio di estremo scervellamento, facciamo che il punto debole del ghiaccio sia il fuoco.
Ecco, sì. Con un volo pindarico che ha dell’incredibile.
E che voglia spostare tutto su un piano “epico” mettendo in contrapposizione il profondo gelo e il fuoco intenso, mostrando tutte le sfumature della crudeltà a loro associata (perché veicolate dal filtro distorto della NATURA umana), più il concetto di morte correlata.

Mettiamo che i draghi siano la massima espressione del fuoco.
Ma che sfortunatamente siano pressoché estinti e trattati alla strenua di leggende, perché è stata cancellata tutta la stirpe di persone che ne sapeva dominare i segreti. (Toh, proprio come per il ghiaccio…)

Ma anche che io non voglia trasformare il tutto in una guerra sterile fra draghi e non-morti, perché a me interessano gli uomini. E soprattutto metterli di fronte alla possibilità di pensare e di migliorare.

È chiaro che gli uomini partono in svantaggio: la morte è l’unica cosa che ancora non hanno capito come dominare. E sconfiggere.

Allora come li armo?

E soprattutto come rendo tutto avvincente?

Semplice: lego “qualcosa” di correlato ai draghi e al caldo estremo al concetto di arma. E lo metto in mano ai miei uomini.

Così ho l’ACCIAIO DI VALYRIA, forgiato grazie al fuoco di drago e alla magia – in una città ormai perduta, legata all’antico retaggio dei draghi – e quindi estremamente raro e costoso. E il VETRO DI DRAGO: l’ossidiana, vetro vulcanico che si presta a creare armi taglienti, ma non molto resistenti agli urti.

BONUS IRONIA DRAMMATICA: quando il vetro di drago viene presentato, il fruitore capisce subito che si tratta di un “tipo” particolare di OSSIDIANA, presente in quel mondo, perché attinge alle proprie conoscenze intrinseche.

E poi dicono che la scuola non serva a nulla…

Tornando al nostro pot-pourri di informazioni, come faccio a non rendere tutto farlocco? Ad annullare la sensazione che sembri tutto pilotato fin dall’inizio – anche se lo è?

Bisogna essere bravi. Questo è indubbio.
Ma scendiamo un po’ di più nei particolari.

(Da questo punto in poi siete fortemente a rischio spoiler di libri e stagioni TV pregresse. Uomo avvisato, mezzo salvato.)

VETRO DI DRAGO

George R. R. Martin spedisce Jon Snow alla Barriera, presidiata dai Guardiani della Notte. Lì prendiamo confidenza con il fatto che esistano entrambi, che la confraternita è votata a un giuramento che la tiene avulsa dall’avvicendarsi delle diatribe per il trono, perché ha un compito più alto: guardare oltre il muro e proteggere il regno da ciò che viene da fuori.

Solo che “da fuori” non viene nessuno, se non qualche balordo che viene chiamato “bruto”, per l’appunto. Quel voto di guardia perde di significato, ed è proprio quello che pensiamo, perché nel corso della narrazione scopriamo che la Barriera è sempre meno presidiata e che ci vengono mandati solo i “rifiuti” molesti della società, che dovrebbero essere condannati a morte, ma che diventano braccia utili per mandare avanti il Castello Nero. Una sorta di ultima spiaggia umana ai servizi sociali di un ideale stracciato e svuotato del suo senso.

Questo ha due funzioni:

  • la prima è creare empatia nei confronti di Jon: viene messo in una situazione che sembra assurda e ingiusta commisurata a ciò che lui rappresenta, visto che già è pure il bastardo non voluto della famiglia;
  • la seconda è “sminuire” il pericolo che arriva da oltre la Barriera (da una parte), ma anche renderci consci se ce ne sia davvero uno, attraverso gli occhi di Jon che è il nostro PUNTO DI VISTA.

Alla Barriera si scopre dell’esistenza del vetro di drago: il Maestro ne ha una candela accesa nella sua stanza. E ci viene presentata come una cosa “eccezionale”: il vetro di drago ha un’anima di fuoco, ma bisogna saperlo padroneggiare.

Si viene a sapere anche della sua efficacia in battaglia contro quelle creature non-morte, perché lo vediamo che viene impiegato sul campo, nei territori oltre la Barriera.
Tutto a posto. I non-morti esistono, sono un pericolo reale e c’è pure un modo per fermarli. Adesso possiamo svelare questa grande verità al resto del mondo e dargli modo di salvarsi.

Peccato che non interessi a nessuno. Il mondo è distratto da altre priorità. E poi, in fondo, c’è il grande muro di ghiaccio nel mezzo.

E quindi, a chi importa della conoscenza acquisita da una confraternita costituita in gran parte da mentecatti? A pochi.

Pochissimi. Ma a Jon sì.

C’è un giacimento di Vetro di Drago a Roccia del Drago, la dimora dei Targaryen su quel continente. Diventa il perno su cui Daenerys piega Jon all’alleanza ottenendo che deponga la corona di Re del Nord, in favore della possibilità di estrarre l’ossidiana per costruire le armi per poter combattere in non-morti.

I DRAGHI

Si racconta che in antichità quel mondo fosse popolato dai draghi e che la casata dei Targaryen fosse sul trono a protezione dei regni che componevano Westeros. Già.

Peccato che la loro affinità al fuoco ne aveva resi alcuni un tantino esaltati e inclini alla follia. Tanto da essere detronizzati e sterminati. Rendendo i bambini-eredi-al-trono dei fuggiaschi da nascondere.
Seguiamo il percorso di Daenerys che trova la sua identità di Regina attraverso la propria tempra, e il fuoco – dal quale assistiamo anche alla nascita dei suoi draghi. Per lei hanno la connotazione del potere perduto, della rivendicazione e sono lo spettro del suo retaggio.
Per Westeros lei rappresenta solo un ostacolo. Perché chi vuole tenersi il trono acquisito, non aprirà mai le porte al vecchio, e potenzialmente pericoloso, regime di un tempo.

ACCIAIO DI VALYRIA

Un acciaio diverso da quello presente nel continente. Più luminoso e tagliente, forgiato dalla magia e dal fuoco di drago, di cui esistono pochissimi esemplari nel mondo, e che quindi è molto costoso e raro.
Le casate nobili che possiedono certe lame, le tengono come cimeli di famiglia.
Per Eddard Stark simboleggia la giustizia di un capo: è la spada con cui esegue le decapitazioni dei trasgressori nel suo dominio.
Quando viene decapitato a sua volta con la stessa spada, dai suoi nemici, davanti alle sue figlie inermi, per loro acquisisce un altro valore.
Diventa odio e rancore per Arya, che medita vendetta. E diventa sottomissione e paura per Sansa, che da promessa sposa si ritrova ad essere vittima e prigioniera.

Quando la spada viene riforgiata per dare vita a due lame, acquisisce un altro significato ancora. In mano a Jamie Lannister e, dopo il suo percorso con Brienne e Catelyn Tully, diventa il simbolo di una redenzione umana prima, e di riscatto e legittimazione individuale poi (per Brienne).

Per Jon Snow, che la riceve dalle mani del Lord Comandante Mormont, è un passaggio di consegna. L’eredità che l’uomo non ha potuto passare al figlio esiliato. E quindi è un po’ come se Jon diventasse un figlio “proiettato” dell’uomo, che ha visto qualcosa di buono in lui, e che lo vuole instradare per essere il successore che merita di avere (e di essere) a capo dei Guardiani della Notte.

Per Samuel è la rivendicazione personale del rispetto che suo padre non gli ha mai concesso e l’affermazione della propria unicità, e del proprio valore, anche se esula dalla concezione bigotta e limitata del padre.
Non la userà mai, ma la cederà a Jorah Mormont che in qualche modo trova compimento e legittimazione del suo percorso al fianco di Daenerys, pur avendo deluso suo padre.

LA COMPONENTE MISTICA

Alcuni personaggi mettono in campo forze magiche/mistiche per dare il proprio contributo.
Personaggi come Melisandre e altri preti rossi, ci mettono di fronte alla fallibilità della fede cieca. Passano da essere degli esaltati piromani senza scrupoli ad essere davvero dotati di poteri sovrannaturali da poter utilizzare nella lotta “contro il male”; che poi il confine fra male e bene non sia così netto è un’altra faccenda.
Ma pensiamo al motto del Signore della Luce che viene ripetuto quasi ossessivamente: “Perché la notte è oscura e piena di terrore”.

Di primo acchito pensiamo: «Ok, ecco un’altra invasata scollegata dalla realtà».
In fin dei conti non ci stupiamo molto che ci siano persone fanatiche della religione.
Però davvero il fuoco illumina la notte. E se la NOTTE avesse un’accezione più ampia? Se la notte fosse quella portata dagli Estranei, quella che è condotta dal gelo, quella che è espressione della morte?
Se fosse uno stendardo da innalzare per contrastare una notte eterna?
Quanto saremmo disposti a sacrificare per salvarci? CHI saremmo disposti a sacrificare per permettere alla luce di continuare a brillare?
Perché la Lunga Notte è davvero eternamente oscura e piena di terrore… ma anche priva di memoria.
L’unica cosa che continua a tenerci in vita anche dopo la morte del corpo.

E i guardiani alla Barriera si chiamano Guardiani della Notte, il Re dei non-morti si chiama Re della Notte.
Pensate che siano coincidenze, dopo tutto quello che avete visto nel corso della storia? Capite quando sia capillare il lavoro di concetto fatto?

Altra cosa:
I Guardiani della Notte vestono di nero, e per questo vengono chiamati CORVI.
In quel mondo i corvi sono anche animali a cui vengono affidati i messaggi. Sorvolano il territorio in lungo e in largo, e vedono tutto.

Bran segue il corvo con tre occhi nel percorso che lo porterà a scoprire i suoi poteri spirituali e mentali. Sono gli animali a cui si collega per assistere ai fatti e “vedere”.
Bran è in pericolo proprio per quello: i corvi, di fatto, sono uno strumento per proteggere e preservare la memoria di quella terra.
Tutti i “corvi”. E chi vuole intendere, intenda.

Mettiamo la ciliegina sulla torta?

Una metalupa viene trovata morta infilzata da un corno di cervo.

Lì per lì non ne capiamo l’entità, ma adesso capite perché non è stato un cinghiale a uccidere la metalupa?

La lista sarebbe lunga per analizzare ogni singola sfumatura, e i livelli di lettura sono moltissimi.
E questo fa la forza di uno scrittore che voglia definirsi tale.

(Non il fatto che voglia imbeccare il fruitore a petto in fuori, ma che sia in grado di costruire una rete emotiva un briciolo alla volta, in cui il fruitore cadrà con tutte le scarpe senza neppure sapere come ci è finito dentro. E poi, una volta preso ben bene, non vorrà nemmeno uscirne fuori. E rimarrà a sguazzarci dentro, e combatterà con chiunque dirà che quella rete fa schifo solo per il motivo che esiste.)

Ma capite cosa è stato fatto per riuscirci?

I dettagli legati a questi particolari fondamentali, sono anche i dettagli sugosi che danno sapore e colore a questo mondo.
Vengono utilizzati come CORRELATIVI OGGETTIVI per veicolare emozioni, e diventano il perno dei CONFLITTI inseriti nella narrazione.

In questo modo non si ha la sensazione che siano messi lì perché qualcuno ce li ha voluti mettere, ma perché è NECESSARIO che ci siano. Sono la linfa che muove la storia stessa.

Ve li ricordare i cartoni animati anni ’80?

Se non ve li ricordate fate finta di farlo per non farmi sentire troppo vecchia, per favore…

Nei vecchi cartoni vedevi lo sfondo disegnato in un modo e poi vedevi alcuni particolari disegnati in maniera diversa: sapevi subito che quei particolari si sarebbero mossi. Quello, a lungo andare, appiattiva la sorpresa.
Perché faceva spiccare solo alcune parti all’occhio e basta, che una volta che aveva capito il giochino, non si stupiva più.

Proprio come i vecchi videogiochi per il computer, passavi il mouse su tutto lo schermo per trovare l’oggetto su cui si accendeva il cursore, così sapevi che il resto degli oggetti era inutile.

Una narrazione avvincente è capace anche di “camuffare” i particolari sugosi vestendoli di significato.
E nessuno può dirmi che “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” sia una storia scarna, priva di atmosfera e priva di carattere individuale.

I dettagli vanno saputi passare.
Vanno contestualizzati e poi vanno fatti assorbire, come per osmosi; come se fosse naturale che la vostra mente possa filtrarli agevolmente. E alla fine penserete che sono sempre stati lì. Fra una battuta di dialogo e un’altra. E che nessuno ce li ha messi appositamente.

Ma voi li avrete visti e li avrete sentiti sulla pelle.
Ma non solo, li avrete incuneati nell’animo, per molto moltissimo tempo.

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