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CINQUANTA SFUMATURE DI… CORRELATIVI OGGETTIVI

«Antò, fa caldo…» diceva una vecchia pubblicità.

Sarà che fa caldo davvero, ma mi sembra giusto parlare di un argomento “hot”. Tanto per vedere se per compensazione ci si rinfresca un po’…

A cadenza ciclica torna fuori la storiella che il MARKETING è il sommo potere oscuro che muove le vendite dei libri; si dice che la sua influenza sia talmente soverchiante e capillare da riuscire a piazzare una qualsiasi porcheria in vetta alle classifiche mondiali.

Ma è vero?

I libri che hanno il plauso del grande pubblico sono davvero solo tutto fumo e niente arrosto?

La sfida era interessante. Così ho preso il più becero esempio di assoggettamento letterario degli ultimi anni e l’ho ficcato nell’e-reader.

Ho letto i tre libri di “Cinquanta sfumature” in quattro giorni. E poi li ho (s)membrati. (Ops…)

Che ruolo ha la fortuna pubblicitaria nel loro successo?

Meno di quanto possiate pensare. Diciamo che è stato un buon catalizzatore, ma non ha fatto tutto da sola.

«Eh, per forza… lì c’è la carnazza! Il sesso vende alle donne represse, alle casalinghe sognanti che si annoiano, alle verginelle in cerca del brivido della trasgressione—»
«Ok, cuciti la bocca.»

Mmh… Ni.
Sì, di sesso ce n’è parecchio. (Per i miei gusti, troppo; ma sono io che sono fuori scala. Ed esserlo è stato un bene, perché mi ha permesso di concentrarmi su altro senza farmi ammaliare dal canto della sirena.)
Ma il sesso non fa tutto il lavoro sporco. Anzi, qui lo scrivo e lo sottoscrivo: la potenza di questi libri non sta nella presenza del sesso. Tutt’altro. Diciamo che il sesso in questo frangente ha la stessa valenza delle decorazioni di pasta di zucchero su una torta a piani. Intrigano lo sguardo, ti ci fanno soffermare, ma il punto in cui si trova il sapore vero è nascosto, proprio oltre la superficie invogliante.

E.L. James fa leva su un sacco di meccanismi tecnici narrativi, uno su tutti i CORRELATIVI OGGETTIVI. Dentro, ce n’è una quantità smodata.

Vuol dire che i CORRELATIVI OGGETTIVI sono il male?

No, nel modo più assoluto.
Vuol dire che, che vi piaccia o no, ogni libro che ha successo fa leva su delle competenze che vanno assorbite.

Ma andiamo per gradi.

Conoscete tutti la trama?

Anastasia Steele inciampa sulla soglia dell’ufficio di Christian Grey (milionario uomo d’affari di 27 anni). Si trova lì per fargli un’intervista per il giornale della scuola, al posto della sua amica – e coinquilina – Kate, che è influenzata e che l’ha praticamente “costretta” ad andare perché ha aspettato sei mesi per questa occasione giornalistica.
Christian Grey è bello come un dio, molto cortese e ricco da fare schifo.
Christian Grey sembrerebbe il prototipo del principe azzurro, ma ha un segretuccio: ha delle abitudini sessuali particolari. Stipula contratti di dominazione sessuale con donne che accettano di essere le sue sottomesse, e ci tiene molto che questa cosa rimanga un segreto.

Ok. Non siamo qui a fare la morale a Mr Grey. Non siamo nemmeno qui per affermare che essendo ricco e bello è legittimato a fare ciò che vuole alle donne che accettano, e men che meno per insultare insinuando che quelle che accettano sono delle cretine perché “vendono” il loro corpo per vivere una situazione agiata.

Ma non possiamo negare che questa “situazione controversa” genera di per sé un sacco di posizioni antitetiche sociali che riguardano: dignità individuale, posizione sociale, morale comune, patriarcato, femminismo. E quindi le mettiamo da parte un secondo, perché fanno da perno a un sacco di snodi narrativi.

LA SCELTA DEL PUNTO DI VISTA

Cinquanta sfumature è scritto in prima persona, al presente. In questo caso è un’ottima scelta perché il nostro PUNTO DI VISTA è Anastasia; lo rimane per tutti e tre i libri. E ci permette di filtrare il mondo attraverso il suo sguardo, attraverso i suoi pensieri, e attraverso le azioni che compie.

«Quindi Anastasia è il nostro protagonista?»

La domanda potrebbe sembrare scontata, ma non lo è affatto.
Anastasia è la nostra protagonista solo in Cinquanta sfumature di grigio.
Il protagonista è quel personaggio che fa sì che la storia vada avanti: prende le decisioni cruciali all’interno della trama e compie una trasformazione personale nel corso del suo percorso cognitivo. Il protagonista non subisce la storia. È il motore principale che la muove.

«Se non è la protagonista, perché fruiamo la storia dal suo punto vista?»

Perché Mr Grey è uno stronzo, o almeno, è un personaggio piuttosto controverso, che non ispirerebbe indulgenza nemmeno a pigiargliela dentro.

Quindi una delle ragioni è la costruzione dell’EMPATIA: se vogliamo che le persone si interessino alla nostra storia devono maturare empatia nei confronti della persona che stanno seguendo all’interno della vicenda. Il fatto che Christian sia un tipo problematico, lo renderebbe – con molta probabilità – respingente al fruitore. E questo decreterebbe un pericolo reale di scollamento emotivo fra storia e fruitore.

Il secondo motivo riguarda il MONTAGGIO e il MISTERO: Christian è il nocciolo da scoprire. È l’enigma che vogliamo risolvere; l’unicorno che vogliamo catturare.
Se la storia fosse raccontata dal suo punto di vista si perderebbe completamente la componente di mistero, perché ci metterebbe in mano tutte le sue carte e le motivazioni del suo modo di comportarsi, annullando la SPINTA NARRATIVA della storia.

Il terzo motivo è strettamente legato al secondo, ma riguarda una CREDIBILITÀ di comodo: Anastasia, insieme a lui, si trova a vivere esperienze di cui è completamente a digiuno.

Se dal punto di vista della scoperta sessuale ci serve a esplorare tutta la serie di sensazioni vissute dalla protagonista (che ci permettono di empatizzare per lei, di metterci nei suoi panni, e interrogarci sul come ci comporteremmo noi al suo posto), da un altro punto di vista ci risparmia un sacco di beghe.
Sale su un elicottero pilotato da Christian, su una barca a vela, su un aliante, su un jet privato, senza che debba saperne niente in particolare.
In più, non abbiamo bisogno di sapere i particolari tecnici del lavoro di Christian, possiamo semplicemente accontentarci di saperlo nel suo ufficio a fare telefonate e a “gestire situazioni”. Non ci serve conoscere come gestisce i suoi soldi, come amministra le guardie del corpo, come collima la sua vita pubblica con quella privata e come si relaziona con le persone di entrambe le “fazioni”.
Ne siamo all’oscuro per la misura in cui la scrittrice vuole renderci partecipi e questo ci va bene, perché non serve all’economia della storia.

Ma se fossimo lui, sarebbe molto diverso. Avremmo il DOVERE di saperlo.

Perché questo ci permetterebbe di rendere Christian un personaggio tridimensionale e non un fantoccio abbozzato. Se impari a pilotare un elicottero, DEVI sapere cosa stai facendo mentre lo fai. Non basta dire che stai effettuando i controlli di routine alla partenza, perché tu quei controlli li conosci in maniera più approfondita di così e non ci penserai generalizzando.
La competenza in un argomento deve trapelare. E questo non vuol dire che debba essere descritta per filo e per segno se non serve, vuol dire che deve trasudare verosimiglianza e confidenza.

Non dimentichiamoci, poi, che Anastasia è tendenzialmente un personaggio positivo. Rasenta quasi una Mary Sue, ma si salva perché ha un cervello che funziona – nonostante non abbia fiducia in sé stessa, e nonostante non si renda conto di essere una bella ragazza e pensi di essere invisibile e “ordinaria”.
È una persona a cui piace leggere, soprattutto classici della letteratura inglese, è una persona che non è affascinata dal lusso e non ambisce a prestigio e denaro. Lavora part-time in una ferramenta, lontana dai suoi familiari. È tollerante, flessibile, coraggiosa, aperta al dialogo, affettuosa. È generosa ed empatica. Non ha l’ambizione di esercitare potere sugli altri, ma non è disposta a cedere la sua libertà identitaria.

Anastasia è un animo innocente e romantico, che rasenta l’ingenuità.

In questa storia, lei è il nostro FULCRO DEL BENE. Quel punto sulla bilancia che tiene in equilibrio la morale nella storia, facendo da spartiacque fra il bene e il male.
Adottiamo la SUA morale e la utilizziamo per PESARE ogni comportamento di Christian e ridimensionarlo adeguatamente sulla sua scala di valori.

Ecco perché lei e non lui.

DIFETTI FATALI

Quello di Anastasia ( in Cinquanta Sfumature di grigio) lo abbiamo già menzionato. Ed è il fatto di sottostimarsi e non rendersi conto di ciò che vale, esteticamente e individualmente. La convinzione di non essere all’altezza la tiene sotto scacco nel gioco di Mr Grey (che poi, a chiamarlo così, mi viene sempre in mente la Coloreria…).
“Perché ha scelto me? Lui è un dio e io sono solo io…” roba così.

L’insicurezza la pone nella condizione di mettersi in discussione continuamente, di valutare ogni situazione proposta, e le fa accettare alcuni termini delle sue condizioni. Nonostante siano spaventosi e nuovi.
La sua acquiescenza per subordinazione è figlia in parte della sua peculiarità caratteriale, e in parte dell’orbita gravitazionale che lui esercita su di lei – calamitandola.
Nel suo immaginario, Christian s’innalza come un grattacielo e stende un’ombra di soggezione enorme intorno a sé; questo gli conferisce l’aura di irraggiungibilità. (E lui ne è socialmente consapevole, perché ci gioca sopra: gli permette di tenere lontane le persone che non vuole intorno, non solo emotivamente, ma soprattutto fisicamente).

Il difetto di Christian non è definirsi uno che “non fa l’amore ma fotte, senza pietà”. Che vabbè, poverino, l’abbiamo detto che ha dei problemi? Ce li ha. Non perché ha un ego smisurato, ma perché davvero è crudele.
Il suo FATAL FLAW è legato all’incapacità di provare empatia, e all’essere iperprotettivo e possessivo. Di Anastasia percepisce la fragilità, come se fosse un oggetto di cristallo, ma al tempo stesso viene spiazzato costantemente dalla sua tempra morale, e dalla sua indole “ribelle”, che forse sarebbe meglio chiamare “indipendente”.
Diciamo che i loro difetti si rincorrono a vicenda, e questo permette alla storia di muoversi. In una ruota di conflitti continui.

OBBEDIENZA E POSSESSIONE

Nella mente di Christian, il sesso e la Dominazione sono meccanismi per esercitare il controllo sulle sue Sottomesse, ma non solo. Anche su sé stesso. Sono i paletti su cui è costruito il suo modo di comportarsi, e che lui ritiene “sano ed efficace”, perché lo ha portato a ottenere potere di scelta individuale. Dolore e piacere sono i due aspetti che utilizza per tenere a bada il caos che ha dentro, e che ha ereditato da un passato di abusi e violenze infantili.

È un atteggiamento che lo scusa?

No. Ma è necessario per capire in che terreno si muove il personaggio.
È un modus operandi che gli ha permesso di diventare ciò che è, un modo per ammaestrare il mostro che è dentro di lui, con frusta e catene.

Trappolone: ha imparato a scopare, ma non ha imparato ad amare.

Sedotto a quindici anni da un’amica di sua madre, che lo ha reso un Sottomesso, ha imparato a sottostare a regole definite da altri, e a ricevere premi e punizioni in relazione alle stesse. Poi si è formato per diventare Dominatore a sua volta.
Non dimentichiamo di menzionare che questo suo modo di comportarsi è comunque affiancato dalla psicoterapia. Quindi Christian sa di avere dei problemi. Lo sanno tutti i membri della sua famiglia (quello che non sanno è come li gestisca).
A dirla tutta, Christian fondamentalmente si odia, perché si ritiene merce avariata.

Mr Grey non è proprio completamente da accartocciare e cestinare, quindi.
Barlumi di coscienza ce li ha: quando all’inizio della storia invita Anastasia per un caffè e si trova ad avere la possibilità di baciarla, perché ce l’ha a un palmo dal naso, lui fa un grosso respiro e scuote appena la testa dicendole che non è proprio l’uomo per lei.
Se non sappiamo nulla di questa storia, non capiamo completamente il suo gesto: lo prendiamo per una galanteria romantica come possono essercene a vagonate. In fin dei conti è solo un bacio.
A posteriori, la nostra IRONIA DRAMMATICA ci dice che il suo gesto è un modo per preservarla e non contaminarla. Christian Grey comincia a piacerci proprio per questa sua dicotomia personale. Dannato ma triste. Calibrato ma smarrito. Mai pienamente a fuoco su un soggetto sfuggente.

Nella prima parte della storia lo troviamo sempre diviso fra un’educata cortesia e una continua imposizione di piccoli ordini, che riguardano soprattutto il mangiare, o la salvaguardia personale. Anastasia ha perennemente lo stomaco chiuso per tutta l’altalena emotiva in cui sta dondolando. E il ricalcitramento continuo di Anastasia, imposta un tira e molla che scalfisce in continuazione la bolla ordinata di Mr Grey, mandandolo perennemente in crisi; ma ci torneremo meglio dopo.

Comunque, uno dei cardini su cui poggia Cinquanta sfumature di grigio è il CONTRATTO.

Quello che propone alle sue Sottomesse e che propone anche ad Anastasia, dopo averle fatto vedere – pieno di ansia e aspettativa – la stanza rossa dei “giochi” zeppa di fruste, verghe, e ammennicoli vari. Anastasia capisce che ha preso una cantonata: il principe azzurro non abita in quell’attico di grattacielo.

Quando – seppur sgomenta – non scappa via a gambe levate, lui le dice che prima di fare qualsiasi cosa lì dentro dovranno comunque firmare una montagna di scartoffie. E che se lei non accetterà di firmare il contratto, andrà bene comunque ma non avranno nessun tipo di relazione, perché lui non è interessato a nessun altro genere di rapporto. Onestà disarmante, ma necessaria ai fini della storia perché mette Anastasia davanti a un salto nel buio, per non perdere quell’unica occasione che non si presenterà più.

Vi metto un estratto che fa percepire moltissime delle cose che abbiamo già affrontato e getta le basi per alcune delle prossime:

“«Questa sarà la tua stanza. Puoi arredarla come vuoi, farci mettere quello che vuoi.»
«La mia stanza? Ti aspetti che mi trasferisca da te?»
Non riesco a nascondere il terrore.
«Non a tempo pieno. Diciamo, dal venerdì sera alla domenica. Dobbiamo discutere di tutti questi dettagli, trattare. Sempre che tu accetti» aggiunge, con voce esitante.
«Io dormirò qui?»
«Sì.»
«Non con te.»
«No. Te l’ho detto, non dormo con nessuno, a parte quando sei rintronata dall’alcol.» Ha un tono di rimprovero.
Stringo le labbra. È proprio questo che non riesco a far combaciare. Il gentile, premuroso Christian, che mi salva dalla sbronza e mi sostiene delicatamente mentre vomito sulle azalee, e il mostro che colleziona fruste e catene in una stanza speciale.
«Tu dove dormi?»
«La mia stanza è al piano di sotto. Vieni, devi essere affamata.»
«Strano, mi sembra di aver perso l’appetito» mormoro, stizzita.
«Devi mangiare, Anastasia» mi ammonisce e, prendendomi la mano, mi riporta dabbasso.
Quando torniamo nel salone, sono in preda a una profonda ansia. Mi sento sull’orlo di un precipizio, e devo decidere se saltare o no.
«Sono consapevole che è un sentiero oscuro quello in cui ti voglio condurre, Anastasia, ed è per questo che voglio che tu rifletta bene. Avrai delle domande da farmi» dice, mentre si aggira per la cucina, dopo avermi lasciato la mano.
“In effetti, sì. Ma da dove comincio?”
«Hai firmato l’accordo [di riservatezza]; puoi chiedermi quello che vuoi e ti risponderò.»
Mi fermo accanto al bancone, e lo guardo aprire il frigo e tirare fuori un vassoio di formaggi assortiti con due grosse ciotole di uva verde e rossa. Posa il vassoio sul piano di lavoro e si mette a tagliare una baguette.
«Siediti.» Mi indica uno sgabello e io obbedisco all’ordine. Se deciderò di buttarmi in questa avventura, mi ci dovrò abituare. Mi rendo conto che si è comportato da despota fin dal primo momento che ci siamo incontrati.
«Hai parlato di scartoffie.»
«Sì.»
«Che genere di scartoffie?»
«Be’, a parte l’accordo di riservatezza, un contratto che dice quello che faremo e quello che non faremo. Ho bisogno di conoscere i tuoi limiti, e tu devi conoscere i miei. È un atto consensuale, Anastasia.»
«E se non voglio farlo?»
«Va bene lo stesso» dice con cautela.
«Ma non avremo nessuna relazione?» chiedo.
«No.»
«Perché?»
«Perché questo è l’unico genere di relazione che mi interessa.»
«Perché?»
Si stringe nelle spalle. «Sono fatto così.»
«Come sei diventato così?»
«Perché le persone sono come sono? È difficile rispondere. Perché ad alcuni piace il formaggio mentre altri lo odiano? A te piace il formaggio? Mrs Jones, la mia domestica, lo ha lasciato per cena.» Prende alcuni piatti bianchi da una credenza e me ne mette uno davanti.
“Stiamo parlando di formaggio… Mio Dio.”
«Quali sono le regole che dovrei seguire?»
«Ne ho un elenco scritto. Le guarderemo, ma solo dopo aver mangiato.»
“Come faccio a mangiare, adesso?”
«Non ho molta fame» sussurro.
«Mangerai lo stesso» dice semplicemente. “Christian il Dominatore, tutto diventa molto chiaro.”
«Gradisci un altro bicchiere di vino?»
«Sì, grazie.»
Mi versa il vino nel bicchiere e viene a sedersi vicino a me. Mi affretto a bere un sorso.
«Serviti pure, Anastasia.»
Prendo un piccolo grappolo d’uva, una cosa che riesco a mandare giù. Lui mi guarda stringendo gli occhi.
«È da molto che fai queste cose?» chiedo.
«Sì.»
«È facile trovare donne disponibili?»
Lui alza un sopracciglio. «Ti sorprenderebbe sapere quante ce ne sono» risponde seccamente.
«E allora perché proprio io? Davvero non capisco.»
«Anastasia, te l’ho detto. In te c’è qualcosa. Non riesco a starti lontano.» Fa un sorriso ironico. «Sono come una falena attratta dalla fiamma.» La sua voce si incupisce. «Ti voglio da impazzire, soprattutto adesso, che ti mordi di nuovo il labbro.» Fa un respiro profondo e deglutisce.
Il mio stomaco fa capriole… Lui mi vuole… in un modo bizzarro, certo, ma questo splendido, eccentrico, perverso uomo vuole me.
«Penso che tu abbia usato l’immagine al contrario» farfuglio. Io sono la falena e lui è la fiamma, e a bruciarmi sarò io. Lo so.
«Mangia!»
«No. Non ho ancora firmato niente, quindi credo che mi terrò il mio libero arbitrio ancora per un po’, se per te va bene.»
Il suo sguardo si addolcisce, e le sue labbra si piegano in un sorriso. «Come desideri, Miss Steele.»”

Per comprendere meglio di cosa parlano, vi inserisco le regole che Mr Grey richiede e che sono espresse nel contratto, tra le quali è esplicitata l’obbedienza.
Sono un cardine importante per capire come si costruirà il loro rapporto:

“REGOLE

Obbedienza
La Sottomessa obbedirà a qualsiasi istruzione impartita dal Dominatore, immediatamente, senza riserve e con sollecitudine. La Sottomessa accetterà qualsiasi attività sessuale considerata appropriata e piacevole dal Dominatore, fatta eccezione per le attività considerate limiti assoluti (Appendice 2). Lo farà con zelo e senza esitazioni.
Sonno
La Sottomessa garantirà di dormire almeno sette ore per notte quando non è insieme al Dominatore.
Alimentazione
La Sottomessa mangerà regolarmente per mantenersi in forma e in salute, scegliendo da una lista prescritta di cibi (Appendice 4). La Sottomessa eviterà gli spuntini fuori pasto, a eccezione della frutta.
Abbigliamento
Per tutta la durata del contratto, la Sottomessa indosserà esclusivamente abiti approvati dal Dominatore. Il Dominatore fornirà un budget per l’abbigliamento della Sottomessa, che lei utilizzerà. Il Dominatore, quando lo riterrà opportuno, accompagnerà la Sottomessa ad acquistare i vestiti. Se il Dominatore lo desidera, la Sottomessa indosserà qualsiasi ornamento il Dominatore richieda, in presenza del Dominatore e in qualsiasi altra occasione il Dominatore ritenga opportuno.
Esercizio fisico
Il Dominatore fornirà alla Sottomessa un personal trainer quattro volte alla settimana in sessioni di un’ora da concordare tra il personal trainer e la Sottomessa. Il personal trainer riferirà al Dominatore i progressi della Sottomessa.
Igiene personale/ Bellezza
La Sottomessa si terrà pulita e depilata con rasoio e/o ceretta in qualsiasi momento. La Sottomessa si recherà in un salone di bellezza a scelta del Dominatore nelle occasioni prescritte dal Dominatore, e si sottoporrà a qualsiasi trattamento il Dominatore ritenga opportuno.
Sicurezza personale
La Sottomessa eviterà di bere in eccesso, fumare, assumere droghe, o mettersi in pericolo senza motivo.
Qualità personali
La Sottomessa eviterà rapporti sessuali con persone che non siano il Dominatore. La Sottomessa si comporterà sempre in modo rispettoso e modesto. Deve riconoscere che il suo comportamento ha un riflesso diretto sul Dominatore. Sarà ritenuta responsabile di qualsiasi misfatto, trasgressione e comportamento scorretto commesso in assenza del Dominatore.
La trasgressione di una qualsiasi delle regole precedenti provocherà un’immediata punizione, la cui natura sarà determinata dal Dominatore.”

E aggiungerei “Benvenuto, Medioevo”, così per non saper né leggere né scrivere.

Bomba sganciata. Sono un sacco di pretese che una come Anastasia, che stiamo imparando a conoscere, non può di certo accettare.
E questo è il primo conflitto che si mette in mezzo fra lei e il suo dio scolpito nel marmo.
A quel punto, fa una domanda legittima:
«Limiti assoluti?»

LIMITI ASSOLUTI E LIMITI RELATIVI

Già. Mr Grey le presenta un altro foglio in cui sono menzionate tutte le cose che DI SICURO non verranno contemplate da parte sua nel loro rapporto contrattuale: i suoi limiti assoluti.

“LIMITI ASSOLUTI
No ad atti che implichino giochi con il fuoco.
No ad atti che implichino di urinare o defecare.
No ad atti che implichino aghi, coltelli, piercing o sangue.
No ad atti che implichino strumenti medici ginecologici.
No ad atti che implichino bambini o animali.
No ad atti che lascino segni permanenti sulla pelle.
No ad atti che implichino il controllo del respiro.
No ad atti che richiedano il contatto diretto del corpo con la corrente elettrica (alternata o diretta che sia) o con le fiamme.”

Beh, “legale-malvagio” è sempre meglio di “caotico-malvagio”. No?
Comunque, mostro sì ma non fino in fondo. A questi limiti assoluti le chiede di sommare i suoi. Le cose che proprio lei non acconsentirà a fare. E quelle cose non saranno negoziabili. No è no.

Anastasia rimane intontita e spiazzata. Sa che nella sottomissione lui le farà male se non obbedirà alle regole; che ha già fatto del male ad altre Sottomesse per impartire delle punizioni, sa che l’accettazione del contratto prevederà la propria subordinazione e si rende conto che quei limiti assoluti erano ampiamente fuori dal range di cose che si sarebbe mai aspettata di vedersi mettere sul piatto.
Quale razza di persona si divertirebbe a quel modo?

Eh, quale? Non i procioni.

A cosa serve parlare di questi limiti?
È importante perché il limite assoluto introduce il NO.
E la mutua correttezza fiduciaria di non oltrepassare ciò che non è voluto da entrambi. Definisce il terreno di gioco e lo delimita.
I limiti assoluti sono affiancati dai limiti relativi, che sono quelle pratiche (all’interno del range consentito) su cui possono trattare e negoziare, o quanto meno sperimentare. Mr Grey ha un foglio anche con quelli, tranquilli.
Il meccanismo del limite prevede la sperimentazione, in virtù del piacere, ma sempre nella più totale sicurezza. Per questo sono previste “safeword” incontestabili dal Dominatore, che servono alla Sottomessa per fermare il gioco in ogni momento lo ritenga “troppo” per sé stessa.
Spingere sempre più in là il limite, ma sapendo che si ha la possibilità di non cadere mai davvero di sotto.
Questo sposta, di fatto, il totale controllo nelle mani della Sottomessa. Si mette nelle sue mani, ma sceglie sempre lei fino a che punto.
La sottomissione diventa una scelta, non un’imposizione. Ti cedo il comando perché ho fiducia che lo utilizzerai nel mio interesse, altrimenti mi tirerò indietro.

Chiaro?

C’è un film del 2006 con Antonio Banderas che si chiama Ti va di ballare?.

Lì, impersona Pierre Dulaine: un istruttore di balli da sala che propone di recuperare ragazzi e ragazze problematici, in una scuola di un quartiere ad alta delinquenza, insegnando loro a ballare.
Quando si trova a dover spiegare, a un comitato di genitori, l’utilità di un “doposcuola punitivo” di questo tipo, e perché proprio il ballo da sala, lui tende la mano alla preside e la invita a ballare, la prende delicatamente fra le braccia e la fa muovere per la stanza.
«Vedete? Se lei mi permette di guidare, ha fiducia in me. Ma ancora più di questo, ha fiducia in sé stessa. Ora: se la vostra figlia sedicenne è forte e sicura, e ha fiducia in sé stessa, come può permettere che un idiota qualsiasi le manchi di rispetto? E se vostro figlio impara a toccare una ragazza con rispetto, come tratterà le donne per tutta la sua vita? Allora, signori e signore, ecco che cosa faccio io qui, in questa scuola: insegno danza. E con essa tutta una serie di regole che insegnano ai vostri ragazzi il rispetto, il lavoro di squadra e la dignità. E questo contribuirà a dare loro una visione del futuro che potrebbero avere.»

Il ballerino porta e la ballerina segue. È un affidarsi reciproco.

Perché è importante?

Per due motivi:

  • Anastasia non è una vittima costretta. Non viene rapita, non viene violentata, non viene abusata. Anastasia, se accetta, sceglie di partecipare nella misura che ritiene adeguata. Anche se questa partecipazione non è lineare;
  • perché fra i limiti assoluti menzionati non ne compare uno che grava tutto sulle spalle di Christian Grey. E che diverrà uno dei correlativi oggettivi cardine, su cui poggia la storia. Arriverà un momento in cui i ruoli si ribalteranno e lui oltrepasserà uno dei suoi limiti assoluti, per (mezzo di) Anastasia.

Ma ci torneremo meglio dopo.

Comunque, Mr Grey vuole sapere davvero quali siano i suoi limiti e lei risponde che non ne ha idea.
Anastasia ha ventun anni ed è vergine.

Eccolo qui. Il grande CONFLITTO.
È necessario? Oh, sì che lo è.
Lei non PUÒ giocare al suo gioco perché proprio non conosce le regole, non perché è recalcitrante per altre ragioni.
Leva a Mr Grey tutti i poteri di contrattazione e/o persuasione.

E, visto che non contempla relazioni di altro tipo, l’unico modo per farla partecipare al gioco sarebbe quello di aspettare; metterla in mano ad altri che la portino ad avere l’esperienza necessaria per poter essere “all’altezza” delle richieste minime necessarie.
Ma questo comporterebbe anche che potrebbe perdere l’occasione per sempre (in una relazione normale, lei potrebbe innamorarsi di qualcun altro e non essere mai più interessata ad avere qualcosa a che fare con lui).
Ma, soprattutto, lui la vuole per sé e Mr Grey è possessivo; non ama condividere le sue cose.

Il suo contratto è un impedimento formale. E la verginità di Anastasia è un impedimento concreto. Da che parte si sbilancerà il peso della bilancia?

Mr Grey comincia a rompere seriamente le proprie regole. Per la prima volta.
E a entrare in un terreno inesplorato.

C’È SEMPRE UNA PRIMA VOLTA

Alla rivelazione di verginità, Christian impallidisce e non la prende esattamente bene.

“[…]
«Mai?» mormora.
Scuoto la testa.
«Quindi, sei vergine?» sussurra. Io annuisco, avvampando di nuovo. Chiude gli occhi e sembra che stia contando fino a dieci. Quando li riapre, sembra
infuriato.
«Perché cazzo non me l’hai detto?» ringhia.
[…]
«Cazzo, Ana, e pensare che ti ho appena mostrato quella roba» grugnisce. «Che Dio mi perdoni. Hai mai baciato qualcuno, a parte me?»
«Ma certo.» Faccio del mio meglio per sembrare offesa. “Be’… un paio di volte, almeno.”
[…]
«Perché sei tanto arrabbiato con me?» mormoro.
«Non sono arrabbiato con te, sono arrabbiato con me stesso. Avevo dato per scontato che…» Sospira. Mi guarda preoccupato e poi scuote la testa. «Vuoi andartene?» chiede, con gentilezza.
«No, se non lo vuoi tu» mormoro. “Oh, no… Non me ne voglio andare.”
«Certo che non lo voglio. Mi piace averti qui.»”

Christian attinge a un ventaglio variegato di stati emotivi, con cambi repentini, in brevissimo tempo. E questo succede continuamente. È proprio ciò che gli conferisce la connotazione delle cinquanta sfumature emotive.

Quindi: la desidera da morire, e sa che anche lei lo desidera – sennò non starebbe lì a parlare di negoziazione di regole sessuali – le ha detto che non fa mai l’amore perché non rientra nei suoi interessi.
Ma a lei si troverà a chiederlo.

“«Per favore, Ana, facciamo l’amore.»”

(In realtà le dichiarerà sempre tutto quello che sta per farle. Sempre.)

Mr Grey sfodera la delicatezza torbida di cui è capace, e si prende la sua verginità, facendole presente che non si è redento di punto in bianco, e che si tratta di un addestramento di base, giusto per farle capire di cosa si tratta.
Lei ci guadagna tre orgasmi (evitando di entrare nel team delle donne che ricordano la loro prima volta come un’esperienza orribile), e poi crolla dal sonno, nuda nel letto di Christian.

Chi ha vinto?

In fin dei conti, lui ha ottenuto quello che voleva. No?

Sì. In parte l’hanno avuto entrambi. Ma non è finita qui.
Questa è la prima grande crepa che si disegna nella struttura marmorea di Mr Grey.
La conoscete quella frase di Leonard Cohen: “C’è una crepa in ogni cosa, è da lì che entra la luce”?

Anastasia si sveglia nel cuore della notte, e lui non è nel letto. Sente la musica struggente del pianoforte, e si alza.
Christian si scusa di averla svegliata e la invita a tornare a letto. Lei dice di non avere sonno, così lui l’accompagna e le assicura che starà con lei finché non si riaddormenterà. L’abbraccia da dietro e si riaddormentano. Insieme.

Per la prima volta Mr Grey dorme con qualcuno nel suo letto. E, per la prima volta, gli incubi non vengono a trovarlo.

Una prima volta ciascuno: iniziano a darsi qualcosa a vicenda.

Si dice che sia proprio la fonte di luce a dare senso all’oscurità; questo punto nella storia segna il primo vero passo di un percorso ignoto per entrambi. Praticamente è come se si mettessero una benda sugli occhi e si prendessero per mano per intraprendere un sentiero che nessuno ha ancora tracciato.

A questa prima volta ne seguiranno molte altre, inanellate le une alle altre, che influiscono su entrambi. E il concetto di “prima volta” assume un valore simbolico ed emotivo che contribuirà a dare peso ad ogni scelta presa. E di fatto si unirà agli altri CORRELATIVI OGGETTIVI: cioè a tutti quegli oggetti, quelle frasi, quei gesti che racchiudono un significato emotivo riconoscibile e forte; e che contribuiscono a legare emotivamente il fruitore alla storia.

MANI LEGATE

Abbiamo detto che c’è un LIMITE ASSOLUTO che non viene menzionato nel contratto, perché, di fatto, Mr Grey sa di avere il controllo e non ha bisogno di esporsi se non vuole. Ma con Anastasia ha bypassato momentaneamente il contratto e deve improvvisare.
Christian non vuole essere toccato, né sul torace, né sulla schiena.
Sono i posti in cui, da piccolo, veniva picchiato e sui quali gli spegnevano addosso le sigarette.
Off limits. Comprensibilmente.

Visto che Anastasia in principio non ne sa nulla (Christian non si sbottona sulla sua infanzia), non ne sappiamo nulla nemmeno noi. E visto che prevenire è meglio che curare, lui le lega le mani, praticamente in continuazione.
Da fruitori, prendiamo questo fatto come una fissazione di Mr Grey, un modo per esercitare un dislivello d’autorità (qualcosa del tipo “sei alla mia mercé”) e vediamo Anastasia sempre bloccata, che freme per non poterlo sfiorare, che pensa che sia una perversione fine a sé stessa.
Nel momento in cui lei allunga le mani, e vediamo Christian indietreggiare con uno sguardo terrorizzato, cominciamo a capire che c’è qualcos’altro sotto.

Anche questo limite racchiude un correlativo oggettivo forte, e ci mostra qualcosa di Christian. Ci mostra la sua vulnerabilità, il suo terrore, la sua fragilità. E più grande sappiamo esserla, più acquista valore il fatto che lentamente lui cominci a fidarsi e le permetta di toccarlo. Passando gradualmente dal terrore, all’ansia, alla tolleranza e al piacere del contatto.

MANI FRA I CAPELLI

Mr Grey ha un umore cangiante, Anastasia si trova costantemente impegnata a cercare di capire il suo stato emotivo altalenante. Il gesto per eccellenza che ci indica la frustrazione di Christian, è quello di passarsi una mano fra i capelli. Significa che Anastasia con uno dei suoi atteggiamenti ribelli, o con qualcosa che ha detto, lo ha messo in crisi.
Di fatto, è la versione delle “mani legate” per Christian perché, senza contratto, non può imporsi e reagire come vorrebbe, magari impartendo punizioni corporali o segando sul nascere ogni obiezione. È costretto ad accusare il colpo e a trovare il modo di spuntarla, di traverso, affrontando il problema o aggirandolo.

Anche questo gesto è carico di significato, esattamente come molti altri, e viene ribadito spesso.

“Christian cammina avanti e indietro nello studio, passandosi le mani tra i capelli. Tutt’e due le mani, addirittura: siamo ben oltre l’esasperazione.”

Molto spesso è accompagnato da una altro CORRELATIVO OGGETTIVO su cui giocano moltissimo entrambi i personaggi: il PERCHÈ POSSO PERMETTERMELO.

Quando Anastasia recalcitra la montagna di soldi e risorse che Christian le mette a disposizione, o le regala, lui le dice sempre: «Tranquilla, Anastasia, posso permettermelo».

«Perché mi hai regalato un libro da 14000 dollari?»
«Perché posso permettermelo.»

«Perché mi ha comprato un guardaroba intero?»
«Perché posso.»

«Perché mi hai regalato una macchina?»
«Perché posso farlo.»

«Perché mangi carboidrati dalla mattina alla sera e non ingras—»
No, questo no.

Ma sarebbe bello…

Quando è esasperato o solo infastidito dall’atteggiamento di Anastasia (e lo è spesso), ogni tanto la situazione si ribalta:

«Perché mi sfidi sempre?»
«Perché posso permettermelo.»

Ribaltamento completo.

All’interno dei libri questo correlativo oggettivo acquisisce molteplici sfumature, dall’ironica alla sfacciata, passando per la rabbiosa, la triste, la risoluta.

Questi giochi di parole fra i due personaggi (ce ne sono diversi che coinvolgono altri modi di dire o fare: scoprite cosa ruota intorno allo SCULACCIAMENTO…) impostano un livello di schermaglia emotiva e relazionale che di volta in volta innesca conflitti o li risolve. Strappandoci un sorriso o una smorfia.

Senza che ce ne rendiamo conto cadiamo un pezzetto alla volta nella ragnatela emotiva in cui l’autrice vuole invischiarci, in un crescendo di vibrazioni che piano piano ci tengono sempre più avvinti alla struttura emotiva. Che, anche se sembra poggiare su piccoli fili sottili, è più resistente di quanto avevamo immaginato e ci cattura a suon di piccoli brandelli di interesse alla volta.
Quando arriva il ragno, non saremo più in grado di smettere di voltare le pagine, perché a quel punto vorremo sapere se moriremo fagocitati o se qualcuno ci verrà a salvare.

Insieme a quelli che ho già menzionato ci sono tantissimi altri CORRELATIVI OGGETTIVI.

Per esempio: le BIONDE.
Tutte le donne che lavorano per Mr Grey sono bionde.
Anastasia pensa che siano la tipologia di persone che apprezza, e che per questo se ne circondi. In realtà poi scopriamo che gli piacciono le brune. E anche tutte le sue Sottomesse lo sono.
Christian Grey non è attratto dalle bionde, per questo le sue collaboratrici lo sono: per evitare di portarsele a letto.

Un altro correlativo oggettivo è il modo in cui Anastasia si MORDE IL LABBRO inferiore.
Lo fa in maniera inconsapevole, un vizio peculiare che ci fa percepire la sua insicurezza, e il suo non sentirsi adeguata o a proprio agio.
A Christian fa inturgidire le mutande.
Più di una volta lo vediamo invitarla a smettere di farlo, («ti stai mordendo di nuovo il labbro, sai che effetto mi fa», «smettila di farlo se non vuoi essere scopata qui») o semplicemente poggiarle un dito sul mento per rimetterglielo in posizione.
L’autrice costruisce un flusso di conflitti e piccole battaglie vinte e perse anche su questo piccolo particolare.

CHARLIE TANGO è il nome dell’elicottero di Christian, ed è anche una delle sue prime volte. Infatti, la sera in cui le illustra il contratto, la porta al suo appartamento a Seattle pilotando l’elicottero: la prima volta che permette a una ragazza di salire con lui.
Questa prima volta combacia con la prima volta in cui Anastasia viaggia in elicottero.
L’importanza di questo gesto viene rafforzata quando lui le fa un regalo e glielo consegna insieme a un palloncino a forma di elicottero (che lei terrà, una volta che si sarà sgonfiato, sotto al cuscino mentre dorme).
Rappresenta anche la paura di Anastasia di perdere Christian, a causa di un “malfunzionamento” che lo porterà a un atterraggio di fortuna.
Un solo correlativo oggettivo viene intriso di molteplici significati nel corso della storia.

Il SESSO VANIGLIA è il modo in cui Christian chiama il sesso “classico”, senza stranezze.
Dopo la prima volta di Anastasia le dice che non avrebbe mai immaginato che potesse essere così gratificante.
In un punto della storia le regala un braccialetto in cui sono inseriti dei ciondolini, con tutte le prime volte che hanno caratterizzato il loro tempo insieme. Fra l’elicottero, l’aliante, la barca a vela e il resto c’è anche un cono gelato a simboleggiare la vaniglia.
Sorridiamo teneramente a vedere che è comunque una peculiarità a cui ha voluto dare importanza, tanto da volerla mettere nel bracciale.

In più, fa da eco una delle frasi espresse da Anastasia quando è entrata nel suo ufficio la prima volta, guardando una delle opere d’arte presenti: una composizione di quadretti che raffiguravano oggetti di uso quotidiano.
Il modo in cui erano ritratti e l’insieme in cui erano assemblati, la colpisce al punto da ritenerla bella perché “elevano l’ordinario a straordinario”.

IL RITUALE DELLA STANZA ROSSA

Parlando di questi libri non si può evitare di menzionarla.
È il posto in cui lui esercita il proprio dominio. Se fuori dalla stanza rossa Anastasia ha margine di manovra, e di sfacciataggine, tutto cambia lì dentro.
Lì, lo status quo è mantenuto, va rispettato. (Almeno in Cinquanta sfumature di grigio.)

La stanza rossa prevede delle regole, che vanno seguite; per il piacere, ma anche per la sicurezza.
Varcando la soglia e chiudendo la porta, automaticamente Anastasia le accetta. E le esegue in maniera esemplare.

L’escamotage dell’addestramento permette all’autrice di far spiegare a Mr Grey tante cose che con altre sottomesse sarebbero state già scontate.
Apprendiamo che Anastasia, quando sarà convocata lì dentro, dovrà farsi trovare con indosso solo le mutandine e i capelli legati in una treccia.
Dovrà attendere istruzioni inginocchiata a terra accanto alla porta, con le natiche appoggiate sui talloni e le gambe divaricate, le mani sulle ginocchia e lo sguardo fisso sul pavimento.

Non obietterà mai. Non potrà farlo. E dovrà sempre rispondere: “Sì, signore”.

È importante? Sì, lo è.
Le regole rituali della stanza rossa impostano un atteggiamento. Che ci viene presentato e dimostrato, e al quale è legato lo status quo che Mr Grey (non Christian) vorrebbe mantenere. Leggendo, assorbiamo queste regole e le contestualizziamo.
Definiscono la sfera di POTERE di Mr Grey.

MR GREY E CHRISTIAN

Perché faccio distinzione fra i due?
No, non mi sono bevuta il cervello. Lo so che sono la stessa persona.
È che non lo sono “esattamente”.

Nessuno chiama Christian con il suo nome, a parte la sua famiglia. E Anastasia.
Di sicuro non è concesso farlo alle sue Sottomesse, che posso rivolgersi al lui solamente appellandolo con il nome di Mr Grey, e Signore. Ogni volta che Anastasia lo chiama Christian esercita un potere che ad altre non è concesso.

Questo gesto acquisisce un duplice significato: il fatto che le permetta di chiamarlo col suo nome è il segno del potere che esercita su di lui tanto quanto è la prova che lui non ne ha su di lei.

Anche questo contribuisce a definire lo spazio di manovra in cui Anastasia riesce a muoversi e a imporsi, rivendicando sé stessa.

Il lavoro simbolico in questi libri è capillare. Ed è uno dei meccanismi più efficaci con cui tiene avvinti alla narrazione.

«Sì, tutto molto bello. Ma COME è scritto? Perché non riuscirai a spacciarlo per alta letteratura…»

Beh, lungi da me farlo. Ma E. L James ha ancora diverse frecce al suo arco.

SHOW, DON’T TELL?

I più esigenti chiederanno se c’è. E impugneranno la risposta come un pretesto per tirare acqua al loro mulino ideologico.

Se dicessi di no, alcuni potrebbero dire che questi libri fanno schifo perché non sono mostrati, e che quindi mostrare serve.
Se dicessi di sì, altri potrebbero dire che questi libri fanno schifo e che mostrare non serve a nulla, se non a cullare l’ego settario di alcuni militanti editoriali dalla mente ristretta.

Così mi comporterò come faccio sempre: me ne fregherò e proverò a spiegarvi.

Questi libri sono MOSTRATI ma IN PARTE.

Esistono tre macro-livelli di MOSTRATO:

  • Il primo livello è RACCONTARE PER IMMAGINI.
    Si entra nell’ottica che più particolari visivi si mettono in campo e più la scena si fruisce chiaramente.
    Ma mostrare non significa solo “far vedere” le cose. Ne abbiamo già parlato qui. Si comincia a mostrare davvero quando si DIMOSTRA l’invisibile.
  • Il secondo livello ACCENDE I MECCANISMI. L’autore implicito evita di dare giudizi invadenti, e mette in piazza delle situazioni filtrandole attraverso i personaggi; per permetterci di comprendere ciò che avviene in modo che si auto-dimostrino a noi. Praticamente, non è l’autrice a spiegarci quanto potere abbia Mr Grey e da cosa lo possiamo evincere, ma ci mette ogni briciola sul sentiero e noi ricostruiamo il panino.

Questi due livelli si possono manifestare anche RACCONTANDO (so che sembra un controsenso, ma provate a fidarvi), a patto che lo si faccia in maniera il meno invadente possibile. Ciò che voglio dire non è che siamo legittimati a raccontare se ci atteniamo a questi due livelli, ma che NONOSTANTE il raccontato questi due livelli possono emergere se le condizioni lo rendono possibile. Anche se questo significa perdere di efficacia in molti aspetti, soprattutto in quello percettivo sensoriale.

  • Il terzo livello coinvolge il LINGUAGGIO.
    Partendo dal primo livello cognitivo, attua tutta una serie di accortezze linguistiche e narrative che, oltre a farci vedere e capire, ci IMMERGONO completamente nella scena, facendo svanire il velo che c’è fra noi e la storia.

Quando li abbiamo tutti e tre, il cervello smette di elaborare a distanza e comincia a elaborare in maniera ravvicinata e tridimensionale.

Quello significa davvero MOSTRARE: accedere attraverso un LINGUAGGIO specifico adeguato alla capacità di RACCONTARE PER IMMAGINI per ACCENDERE I MECCANISMI che vogliamo far emergere.

La trilogia di Cinquanta sfumature non è un capolavoro letterario. Ma comunque mette in campo un mix dei tre livelli di MOSTRATO e ne sfrutta la potenza ammaccata.

Vi faccio un esempio:

Ho spiegato cosa comporta il rituale della sottomissione e come si manifesta.
Nel primo libro, Anastasia sperimenterà per mano di Christian tutto un corollario di cose; alcune le piaceranno, altre no. E sarà un continuò tiro alla corda per definire che autonomia di sé stessa può e vuole mantenere, perché l’idea di cedergli il controllo totale sarà sempre una grossa spada di Damocle sulla sua testa.
La paura di essere punita per essere com’è, e di provare dolore, sarà un freno a mano tirato, bello forte.
Ma arriveranno a un punto di rottura.
Un momento in cui lei gli dirà “mostrami il peggio che potresti farmi e vediamo se sono in grado di sopportarlo”. E lo farà perché non riesce a collimare i due lati della persona che ha davanti.

Christian darà il peggio di sé. Anastasia aprirà gli occhi, comprenderà quanto è profondo il pozzo nero. E metterà un punto fermo e deciderà.
No; non cederà il controllo di sé stessa a una persona capace di farle del male in quel modo, e che soprattutto prova piacere nel fargliene.

Tirerà fuori tutta la rabbia e si ribellerà.

Lo offenderà e, aperti finalmente gli occhi, farà la scelta più sana per sé stessa: andarsene.

È a questo punto che nascerà Christian come protagonista: adesso ha un CONFLITTO INTERNO (il suo modo di vivere la sessualità è effettivamente sbagliato), ha un CONFLITTO DI RELAZIONE (il suo difetto fatale ha ripercussioni sulla persona che vorrebbe vicino), e ha un CONFLITTO ESTERNO (il dipanarsi della storia lo porterà a doversi misurare con il suo difetto).

Se durante Cinquanta sfumature di grigio viene tracciata una grossa crepa metaforica, adesso che è in pezzi, e ha capito che il peggio che può capitargli è perderla, comincia il percorso a ostacoli per cambiare davvero.

Christian, adesso che sa cosa vuole davvero, farà di tutto per meritarsela.
E Anastasia, adesso che sa cosa non vuole assolutamente, farà di tutto per non inciampare mai più sull’orlo del baratro.

Questo vuol dire anche che Christian, in Cinquanta sfumature di nero, avrà una paura fottuta di perderla di nuovo.
Come farà a collimare ciò che è sempre stato con quello che vuole diventare?
Come potrà tenerla con sé senza esercitare potere su di lei? Dov’è il giusto compromesso che dovrebbe tenere? Chi dei due lo decide?

Be’, fisiologicamente gli equilibri cominciano a mutare. E arriverà un momento in cui ci sarà un nuovo punto di rottura, stavolta non a livello fisico, ma a livello emotivo.
Avendo perso definitivamente POTERE coercitivo su di lei, quando Anastasia indietreggia, per mettere distanza fra di loro e ragionare a mente lucida, lui interpreta il passo indietro letterale come un passo indietro per fuggire. Per lasciarlo di nuovo.

A quel punto lui crolla in terra, in ginocchio. La testa abbassata e le mani sulle ginocchia; immobile. Inerme.

Capite cosa ha fatto?
Capite cosa significa?

Se lo capite, vuol dire che il significato che è stato attribuito a quel gesto, a quel rituale, vi ha “mostrato” qualcosa. Vi ha dimostrato cosa significhi davvero.

Un semplice inginocchiarsi porta con sé un bagaglio simbolico pregresso corposo. Che noi comprendiamo al volo, nel momento in cui viviamo la scena, in autonomia, senza che l’autrice ci dica: “Si è inginocchiato per permetterle di esercitare il pieno potere su di lui. Ha ribaltato completamente lo status quo; comanda lei”.
Già.
Senza che debba dircelo lei.

Perché tutti i fili che ha tessuto preventivamente, finora, sono perfettamente in grado di farlo al posto suo. E questo c’investe d’importanza come fruitori.
L’autrice ci reputa all’altezza di comprenderlo, perché siamo intelligenti e ce lo siamo meritati per averla seguita fin qui.

E anche perché lei fallirebbe come scrittrice se non ci avesse messo in condizione di saperlo fare.

Forti di questo, capiamo anche cosa significa ciò che fa Anastasia un attimo dopo, sgomenta e sconcertata.

Non vuole dominarlo. Non vuole una marionetta senza volontà. Non vuole prendersi la sua dignità.

Si inginocchia a sua volta, di fronte a lui. Ristabilisce un equilibrio.

Adesso che lui ha gettato via lo scettro, e si è liberato della zavorra di “ego” (anche se non è la parola giusta) quel gesto li rimette allo stesso livello.
Uomo e donna, uno di fronte all’altra.
Uguali.

Come fare tabula rasa in un campo a maggese ed essere pronti a riseminare qualcosa di diverso e nuovo.

Ecco la potenza intima del mostrato.
È anche questo meccanismo che ci permette di creare legami emotivi con i personaggi e, pensate un po’, di farci piacere un dato libro.

«Allora è scritto bene? È questo che stai dicendo?»

Ni.
Nel concetto, sì. Nella forma, meno.

Ci sono diverse note dolenti:

  • la prima coinvolge le DESCRIZIONI, sono piuttosto vaghe anche se migliorano nel corso della trilogia. Le scene di sesso stesse, sono piuttosto vaghe, per larga parte dei libri e si capiranno sempre a grandi linee.
    Credo che in parte sia dovuto al tema che trattano e in parte al filtro percettivo di Anastasia.

«Come si fa a scrivere una scena di sesso, senza che diventi pornografia?»

Beh, rispondere a questa domanda è sia semplice che complesso allo stesso tempo.
Le scene di sesso non sono diverse dalle altre scene; solo perché trattano di qualcosa che per molti è un tabù – o che lo è anche per l’autore – la regola non cambia: bisogna essere onesti e scrivere senza vergogna.
Togliersi dalla propria pelle ed entrare in quella del nostro personaggio.

Non c’è niente di peggio di qualcosa che si percepisce posticcio perché “edulcorato” per censurarsi.

La differenza da tenere a mente fra pornografia ed erotismo è SEMPRE l’emozione.
Se si perde quella componente diventa un atto meccanico e la scena perderà di efficacia.

Una cosa che può aiutare è mantenere assiduamente il filtro del personaggio. Se stiamo parlando di una persona volgare, non penserà mai a infilare il suo “turgido membro in una vagina bramosa”, ma è molto più facile che ci penserà in termini di cazzo duro e fica bagnata.

Lo so, lo so. In questo momento sembro molto scurrile. Ma lo sono io (in quanto persona che sta pigiando sui tasti), o lo è il personaggio (per il quale io, schiacciando i tasti, faccio da tramite)?

Lo è lui.

Le idee dello scrittore non necessariamente combaciano con quelle dei suoi personaggi, ma lo scrittore ha il DOVERE di tradurle per coloro a cui sta dando voce. Si può dire che gli scrittori siano quasi schizofrenici. Senza il quasi.

Ma se uno dei miei personaggi si diverte a pestare i vegani, questo non vuol dire che io andrei in giro con una bombetta in testa a pestarli.
E questa condizione non decade nel momento in cui stiamo parlando di sesso.

Prendete confidenza con questo fatto perché molti lettori potranno fare l’errore di sovrapporvi, e voi potreste sentirvi in colpa per le parole che avete scritto, che siano violente, ignobili o trasgressive.
Dovrete essere preparati a rispondere: parlo per lui, ma non sono lui.

«Quanto devono essere minuziose le descrizioni, quindi?»

Quello che serve per far capire il necessario al fruitore e che sia congruente con il personaggio.
Se un personaggio è veramente molto legato alle proprie percezioni sensoriali, queste non smetteranno di essere presenti nelle scene di sesso, altrimenti non sarebbe più lui.
Sembra scontato, ma non c’è una regola predefinita. Perché non esiste una formula che vada bene per ogni personaggio, ogni storia e ogni situazione. Vi toccherà essere sensibili e immedesimarvi.

Valutate di volta in volta, tenendo conto che il fruitore non vede altro che ciò che voi gli permettete di vedere e sentire.

Un’altra cosa da non dimenticarsi è l’utilità.
Perché fanno sesso? È utile all’economia della storia? Serve ai personaggi?

In questo libro serve. Ma ne parleremo dopo parlando di cosa si danno a vicenda.

Una cosa che ha “infastidito” me è che Anastasia ha sempre voglia, troppa. È sempre bagnata, sempre impaziente, sempre ipersensibile, sempre iperorgasmica, sempre TUTTO.
Va bene tutto, ma a lung’andare intacca un po’ la (mia) sospensione dell’incredulità.
Ma questo può valere solo per me. Qualcun altro potrebbe semplicemente pensare: “Ma beata lei!”
Seems legit. Farete le vostre considerazioni.
Io, da bravo procione, non faccio altro che pensare: “Madò, che fatica…”

Vi metto due descrizioni per farvi capire cosa intendo: la prima è presente in Cinquanta sfumature di grigio.

“[…]
Arrivati accanto al letto, mi guarda.
«Ti fidi di me?» chiede tutt’a un tratto. Annuisco, sorpresa dall’improvvisa consapevolezza che è proprio così. “Cosa mi farà adesso?” Mi sento percorrere da una scossa elettrica.
«Brava bambina» sussurra, accarezzandomi il labbro inferiore con il pollice. Entra nella cabina armadio e torna con una cravatta di seta argentea.
«Unisci le mani davanti a te» ordina, poi mi toglie l’asciugamano e lo lascia cadere sul pavimento.
Faccio come dice, e lui mi lega i polsi con la cravatta, fermandola con un nodo stretto. I suoi occhi brillano di eccitazione. Dà uno strattone al nodo: è ben saldo.
“Deve essere stato nei boy scout per aver imparato a fare i nodi.” E adesso? Ho il cuore che batte a mille, impazzito. Lui mi sfiora i codini.
«Sembri così giovane con questi» mormora, facendo un passo avanti. Indietreggio d’impulso, fino a sfiorare il bordo del letto. Lui lascia cadere il suo asciugamano, ma io non riesco a staccare gli occhi dai suoi. Ha uno sguardo ardente, pieno di desiderio.
«Oh, Anastasia, cosa dovrei farti?» mormora, mentre mi fa sdraiare sul letto, poi si stende accanto a me, e mi solleva le mani sopra la testa.
«Tieni le mani così, non muoverle, capito?» Mi fulmina con lo sguardo, lasciandomi senza fiato.
Decisamente, non viene voglia di contrariarlo.
«Rispondi» ordina con la sua voce vellutata.
«Ho capito. Non le muoverò.» Mi resta un filo di voce.
«Brava bambina» mormora, leccandosi piano le labbra. Sono ipnotizzata dalla sua lingua, che accarezza lenta il labbro superiore. Mi guarda negli occhi, come per soppesarmi. Si china e mi stampa un casto, rapido bacio sulle labbra.
«Ora ti bacerò dappertutto, Miss Steele» sussurra, poi mi afferra il mento, sollevandolo per avere accesso alla mia gola. Le sue labbra scivolano lungo il mio collo, baciano, succhiano e mordono. Tutto il mio corpo si mette in allerta… La recente esperienza nella vasca ha reso la mia pelle ipersensibile. Il sangue si annida ardente nel basso ventre, tra le gambe, giù in fondo. Gemo.
Ho voglia di toccarlo. Muovo le mani, e un po’ goffamente, dato che sono legata, gli sfioro i capelli.
Lui smette di baciarmi e mi lancia un’occhiataccia, scuotendo la testa e sbuffando. Mi prende le mani e me le sistema di nuovo sopra la testa.
«Non muoverti, altrimenti dovremo ricominciare daccapo» mi rimprovera senza troppa severità.
«Voglio toccarti.» La mia voce è affannosa e incontrollata.
«Lo so» mormora. «Tieni le mani sopra la testa» ordina, alzando la voce.
Mi prende il mento e inizia a baciarmi il collo come prima. Oh… è così frustrante. Quando con le labbra raggiunge l’incavo, le sue mani mi sfiorano il corpo e i seni. Descrive un cerchio con la punta del naso e inizia senza fretta a scendere verso il basso, seguendo il tracciato delle sue mani, dallo sterno fino ai seni. Li bacia entrambi e li mordicchia, succhiandomi teneramente i capezzoli. “Dio santo.” I miei fianchi iniziano a oscillare e a muoversi per conto proprio, adattandosi al ritmo della sua bocca, e cerco disperatamente di ricordarmi di tenere ferme le mani.
«Stai buona» mi avverte. Sento il suo fiato caldo sulla pelle. Quando raggiunge l’ombelico, vi immerge la lingua, sfiorandomi piano la pancia con i denti. Il mio corpo si inarca.
«Mmh. Sei così dolce, Miss Steele.» Il suo naso sfiora la linea tra la pancia e i peli pubici. Mi morde con delicatezza, stuzzicandomi con la lingua. Di colpo raddrizza la schiena e si inginocchia ai miei piedi, afferrandomi le caviglie e divaricandomi le gambe.
“Oh, Signore.” Mi prende il piede sinistro, mi piega il ginocchio e si porta il piede alla bocca. Osservando ogni mia reazione, mi bacia le dita una alla volta e poi le morde tutte con delicatezza. Quando arriva al quinto dito, morde più forte, e io mugolo, fremente. Mi fa scivolare la lingua sul collo del piede, e non riesco più a guardarlo: è troppo erotico. Sto per prendere fuoco.
Chiudendo gli occhi, cerco di assorbire e metabolizzare tutte le sensazioni che lui sta creando. Mi bacia la caviglia, il polpaccio, poi sale fino al ginocchio, fermandosi appena sopra. Poi passa al piede destro, ripetendo tutto quell’incredibile processo di seduzione.
«Oh, ti prego» gemo quando mi morde il quinto dito, una sensazione che mi arriva allo stomaco.
«Bisogna essere pazienti, Miss Steele» sussurra.
Stavolta non si ferma al ginocchio, ma continua nell’interno coscia, allargandomi le gambe. Capisco cosa sta per fare, e una parte di me vorrebbe respingerlo perché mi vergogno. Ha intenzione di baciarmi proprio ! Lo so. Un’altra parte di me, invece, freme per l’impazienza. Passa all’altro ginocchio e mi semina la coscia di baci, lecca, succhia, e quando arriva in mezzo alle gambe, mi sfiora il sesso con il naso, in un tocco dolce, molto delicato. Guaisco…
“Oddio.”
Si ferma, aspettando che mi calmi. Lo faccio, e alzo la testa per guardarlo, con la bocca aperta e il cuore in gola.
«Lo sai che hai un profumo inebriante, Miss Steele?» mormora, e senza smettere di guardarmi negli occhi, tuffa il naso in mezzo ai peli pubici e inala.
Divento paonazza, mi sento svenire e chiudo gli occhi all’istante. Non posso guardarlo mentre fa una cosa del genere!
Me la lecca per tutta la lunghezza.
«Mi piace.» Mi tira dolcemente i peli dell’inguine. «Forse questi potremmo anche tenerli.»
«Oh… per favore» lo imploro.
«Mmh, mi piace sentirti supplicare, Anastasia.»
Gemo.
«Rendere pan per focaccia non è il mio stile abituale, Miss Steele» mormora, e continua a leccare su e giù. «Ma oggi mi hai fatto godere, e meriti una ricompensa.» Sento una vena di malizia nella sua voce, e mentre il mio corpo esulta per le sue parole, la sua lingua inizia a circondarmi piano il clitoride, e intanto le sue mani mi stringono i fianchi.
«Ah!» Gemo. Il mio corpo freme e si inarca al tocco della sua bocca.
Continua a descrivere cerchi con la lingua, senza smettere di tormentarmi. Sto perdendo ogni controllo, ogni atomo del mio essere è concentrato sulla piccola, potente centrale elettrica che ho in mezzo alle cosce.
Quando le mie gambe si irrigidiscono, lui infila un dito dentro di me, e ansima.
«Oh, piccola. Mi piace che ti bagni tanto per me.»
Descrive un ampio cerchio con le dita, e la sua lingua imita le sue azioni, girando in tondo. È troppo… Il mio corpo anela al sollievo, non posso più evitarlo. Mi lascio andare, scordando ogni pensiero razionale mentre il godimento mi investe. Lancio un urlo, e il mondo crolla e sparisce dalla mia vista, mentre la forza dell’orgasmo annulla tutto ciò che mi circonda.
Ansimo, e quasi non lo sento infilarsi il preservativo ed entrare dentro di me. Lui mi penetra lentamente e inizia a muoversi. Oddio. È una sensazione così dolce e dolorosa, brutale e tenera al tempo stesso.
«Come ti senti?» mormora.
«Bene, mi sento bene» sussurro. Si muove sempre più in fretta, spingendosi dentro di me in continuazione, implacabile, fino a portarmi di nuovo sull’orlo del piacere. Mugolo.
«Vieni per me, piccola.» Ha la voce roca, aspra, e io esplodo sotto la spinta delle sue mosse rapide.
«È fantastico» mormora, poi spinge un’ultima volta e viene, stringendomi forte. Infine si ferma, il corpo rigido.
Quando crolla sopra di me, mi sento affondare nel materasso sotto il suo peso. Gli getto al collo le braccia legate, stringendolo meglio che posso. So che in questo momento farei qualsiasi cosa per lui. Sono sua. Le meraviglie nelle quali mi ha introdotto superano ogni mia immaginazione. E lui vuole spingersi oltre, molto più lontano, in un posto che, con la mia scarsa esperienza, non posso nemmeno immaginare. “Oh… che cosa devo fare?”
Si alza sui gomiti e mi guarda con i suoi penetranti occhi grigi. «Hai visto come stiamo bene insieme?» mormora. «Se ti dai a me, sarà ancora meglio. Fidati, Anastasia, posso portarti in luoghi di cui nemmeno sospetti l’esistenza.» Le sue parole riecheggiano i miei pensieri.
Strofina il naso contro il mio. Sono ancora stordita dalla mia straordinaria reazione fisica a lui, e gli rivolgo uno sguardo perso, cercando un pensiero coerente.”

La dinamica si capisce anche se molte cose vengono lasciate nebulose.

Questa, invece, viene da Cinquanta sfumature di rosso:

“[…]
«Carta bianca?» Sussurra, guardandomi pensieroso, come se stesse cercando di leggermi nella mente.
“Carta bianca? Che cosa implicherà?” «Sì» mormoro nervosa, cominciando a eccitarmi. Sorride, un sorriso sensuale.
«Vieni» dice e mi trascina verso le scale. Le sue intenzioni sono chiarissime. “Stanza dei giochi!”
In cima alle scale, mi lascia andare la mano e apre la porta. La chiave è attaccata al portachiavi che gli ho regalato non molto tempo fa.
«Dopo di te, Mrs Grey» dice e spalanca la porta.
La stanza dei giochi ha un odore familiare e rassicurante, di pelle, legno e cera. Arrossisco, sapendo che Mrs Jones deve averla pulita mentre noi eravamo in luna di miele. Mentre entriamo, Christian preme l’interruttore e una luce morbida e diffusa rischiara le pareti rosso scuro. Lo fisso in attesa, il sangue che mi scorre veloce nelle vene. “Che cosa farà?” Chiude la porta a chiave e si gira. Piega la testa di lato, mi guarda pensieroso, poi scrolla la testa, divertito.
«Che cosa vuoi, Anastasia?» mi chiede con gentilezza.
«Te.» Ho la voce ansimante.
Lui sorride malizioso. «Mi hai. Mi hai dalla volta in cui sei caduta nel mio ufficio.»
«Allora stupiscimi, Mr Grey.»
Sulle labbra gli compare una smorfia di promessa carnale. «Come desideri, Mrs Grey.» Incrocia le braccia e si porta l’indice alle labbra, valutandomi. «Penso che cominceremo liberandoti dei vestiti.» Fa un passo avanti. Mi slaccia il corto giubbotto di jeans e me lo fa scivolare dalle spalle, lasciandolo cadere a terra. Afferra l’orlo del top nero.
«Alza le braccia.»
Obbedisco e lui me lo sfila dalla testa. Si piega e mi dà un lieve bacio, negli occhi uno sguardo in cui si mescolano lussuria e amore. Anche il top finisce sul pavimento.
«Tieni» sussurro, guardandolo nervosamente mentre mi sfilo l’elastico per i capelli che tengo al polso e glielo porgo. Lui si immobilizza, sgranando gli occhi per un breve momento senza però rivelare nulla. Alla fine prende l’elastico.
«Girati» ordina.
Sollevata, sorrido tra me e obbedisco. A quanto pare, abbiamo superato questo piccolo ostacolo. Mi raccoglie i capelli e li intreccia rapidamente, poi li lega. Mi tira la treccia, facendomi piegare la testa all’indietro.
«Buona idea, Mrs Grey» mi sussurra all’orecchio, pizzicandomi il lobo. «Adesso voltati e togliti la gonna. Falla cadere.» Mi lascia andare e fa un passo indietro mentre io mi giro per guardarlo. Senza levargli gli occhi di dosso, slaccio la cintura della gonna e tiro giù la cerniera. La gonna si apre e cade sul pavimento, raccogliendosi ai miei piedi.
Mentre faccio un passo avanti, lui si inginocchia davanti a me e mi afferra la caviglia destra. Slaccia abilmente i sandali mentre io mi chino in avanti, tenendomi in equilibrio con una mano appoggiata sulla parete dove erano appese le fruste, i frustini e gli sculacciatori. Adesso sono rimasti solo il flagellatore e il frustino marrone. Li guardo con curiosità. “Userà questi?”
Adesso che mi ha tolto i sandali, indosso solo il reggiseno e le mutandine di pizzo. Christian è seduto sui talloni e mi guarda. «Sei una visione meravigliosa, Mrs Grey.» Si tira su, in ginocchio, mi afferra i fianchi e mi tira verso di sé, affondando il naso tra le mie cosce. «E sai di te e di me e di sesso» dice, inspirando bruscamente. «È inebriante.» Mi bacia attraverso il pizzo delle mutandine, mentre io sussulto alle sue parole… avvertendo una fitta di desiderio. È così… sconveniente. Raccoglie i miei vestiti e i sandali e si alza con un agile movimento, come un atleta.
«Vai vicino al tavolo» mi dice, facendo un cenno con il mento. Poi si volta e raggiunge il cassettone delle meraviglie.
Lanciandosi un’occhiata alle spalle, mi fa un sorrisetto. «Faccia al muro… così non saprai che cos’ho in mente. Il nostro scopo è il piacere, Mrs Grey, e tu volevi una sorpresa.»
Mi giro, drizzando le orecchie… il mio udito all’improvviso sensibile al minimo rumore. È bravo in questo… far crescere le mie aspettative, accendere il mio desiderio… facendomi aspettare. Lo sento appoggiare i miei sandali e, penso, i miei vestiti sul cassettone, poi sento il rumore delle sue scarpe che cadono, una dopo l’altra. Mmh… Un attimo dopo, lo sento aprire un cassetto.
“Giocattoli!” Oh, quanto mi piace quest’attesa. Il cassetto si chiude e io trattengo il fiato. Come può il rumore di un cassetto farmi fremere così selvaggiamente? Il lieve sibilo dell’impianto stereo che viene acceso mi dice che ci sarà un interludio musicale. Un pianoforte comincia a suonare, in sordina, e accordi malinconici riempiono la stanza. So che non è una canzone. Al piano si unisce una chitarra elettrica. Si sente una voce maschile e io distinguo le parole, qualcosa riguardo al non aver paura di morire.
Christian viene verso di me senza fretta, i piedi nudi che risuonano sul parquet. Lo percepisco alle mie spalle mentre una donna inizia a cantare… gemere…?
«Violento, hai detto, Mrs Grey?» mi alita nell’orecchio sinistro.
«Mmh.»
«Devi dirmi di fermarmi se è troppo. Se tu dici basta, smetterò immediatamente. Capito?»
«Sì.»
«Ho bisogno che me lo prometti.»
Inspiro bruscamente. «Prometto» mormoro senza fiato, ricordando le parole che mi ha detto: “Non voglio farti male, ma sono più che felice di giocare”.
«Brava bambina.» Si china e mi bacia sulla spalla nuda, poi infila un dito sotto la chiusura del reggiseno e traccia una linea attraverso la mia schiena. Vorrei gemere. Come fa a rendere tanto erotico un tocco così lieve?
«Toglilo» mi sussurra, e io obbedisco in fretta, lasciandolo cadere per terra. Scende con le mani lungo la mia schiena e infila i pollici nelle mutandine, tirandomele giù.
«Liberatene» ordina. Faccio di nuovo come ha detto. Mi bacia il sedere e si raddrizza.
«Ti bendo, così sarà tutto più intenso.» Mi fa scivolare sugli occhi una mascherina, e su di me cala il buio. La donna che canta geme in modo incoerente… una melodia ossessionante, che viene dal cuore.
«Piegati e stenditi con il busto sul tavolo» dice a bassa voce. «Adesso.»
Eseguo senza fiatare, la faccia imporporata contro la superficie dura e lucida. Il legno è freddo sulla pelle e sa un po’ di cera con un vago sentore di agrumi.
«Distendi le braccia in avanti e afferra il bordo.»
“Okay…” Aggancio le mani al bordo del tavolo. È piuttosto grande, per cui ho le braccia completamente distese.
«Se lo lasci andare, ti sculaccerò. Hai capito?»
«Sì.»
«Vuoi che ti sculacci, Anastasia?»
La parte inferiore del mio corpo si contrae per il piacere. Mi rendo conto che l’ho desiderato sin da quando mi ha minacciata a pranzo, e né l’inseguimento in macchina né il sesso che abbiamo fatto dopo hanno soddisfatto questo bisogno.
«Sì.» La mia voce è un sussurro roco.
«Perché?»
“Oh… dev’esserci un motivo?” Mi stringo nelle spalle.
«Dimmelo» insiste. Poi all’improvviso mi colpisce con forza.
«Ah!» grido.
«Silenzio, adesso.»
Mi strofina gentilmente le natiche dove mi ha colpita. Quindi si piega su di me, schiacciando i suoi fianchi contro il mio sedere, e mi depone baci sulla schiena. Si è tolto la camicia e i peli del petto mi solleticano la pelle; la sua erezione preme su di me attraverso la stoffa ruvida dei jeans.
«Apri le gambe» ordina.
Lo faccio.
«Di più.»
Gemo e obbedisco.
«Brava bambina» ansima. Mi fa scorrere un dito lungo la schiena, nel solco tra le natiche e sull’ano, che si contrae al suo tocco. «Ci divertiremo con questo» sussurra.
Il suo dito scende ancora ed entra lentamente dentro di me.
«Sento che sei bagnata, Anastasia. Da prima o da ora?»
Fa scorrere il dito dentro e fuori di me, ripetutamente. Spingo contro la sua mano, bramando quell’intrusione.
«Oh, Ana, l’una e l’altra cosa, penso. Credo che ti piaccia essere qui, in questa posizione. Mia.»
“Oh, se mi piace.” Toglie il dito e mi colpisce di nuovo.
«Dimmelo» sussurra, la voce roca e carica di urgenza.
«Sì, mi piace» uggiolo.
Mi colpisce ancora facendomi urlare, poi mi mette dentro due dita. Le tira subito fuori e spalma l’umore sopra e intorno all’ano.
«Che cosa vuoi fare?» chiedo, senza fiato. “Oddio…”
«Non è quello che pensi» mormora rassicurante. «Un passo alla volta, piccola.»
Sento il lieve gorgogliare di un liquido, probabilmente spremuto da un tubetto, poi il suo dito mi massaggia di nuovo nello stesso punto. Mi sta lubrificando… lì! Mi dimeno mentre la paura lotta contro l’eccitazione dell’ignoto. Mi colpisce ancora, più in basso, sul pube. Gemo. La sensazione è… meravigliosa.
«Stai ferma» dice. «E non mollare il bordo del tavolo. È lubrificante.» Me ne spalma ancora un po’. Cerco di non muovermi, ma mi batte forte il cuore, le pulsazioni impazzite, mentre ansia ed eccitazione lottano dentro di me.
«Era da un po’ che volevo fartelo, Ana.»
Gemo. E sento qualcosa di freddo, il freddo del metallo, che mi scende lungo la spina dorsale.
«Ho un piccolo regalo per te» sussurra.
Mi viene in mente la nostra “presentazione e descrizione del campionario”. Oh! Un dilatatore anale. Christian me lo fa scorrere nel solco tra le natiche.
«Sto per mettertelo dentro, molto lentamente.»
Trattengo il fiato, combattuta tra aspettativa e paura.
«Fa male?»
«No. È piccolo. Una volta che ce l’hai dentro, ti scoperò per bene.»
Per poco non mi vengono le convulsioni. Piegandosi sopra di me, mi bacia tra le scapole.
«Pronta?» sussurra.
“Sono pronta per questo?”
«Sì» rispondo a voce bassissima, la bocca secca. Fa scorrere un altro dito sull’ano e sul perineo, poi me lo mette dentro. “Porca miseria, è il pollice.” Piega la mano a coppa sul pube e mi accarezza piano il clitoride. Gemo… è… bellissimo. E con delicatezza, mentre le dita e il pollice fanno la loro magia, spinge lentamente il dilatatore freddo dentro di me.
«Ah!» gemo forte alla sensazione estranea, i muscoli che si contraggono per l’intrusione. Muove il pollice in circolo dentro di me e spinge il dilatatore con più forza, finché non entra con facilità, e io non so se è perché sono così eccitata o perché mi ha distratta con le sue dita esperte, ma il mio corpo sembra accettarlo. È pesante… e strano… !
«Oh, piccola.»
E lo sento… dove il pollice si muove dentro di me… e il dilatatore gli preme contro… oh, ah… Gira lentamente l’oggetto, strappandomi un lungo gemito.
«Christian» mormoro confusamente, il suo nome un mantra biascicato, mentre mi abituo alla sensazione.
«Brava bambina» mormora. Fa scorrere la mano libera lungo il mio fianco fino all’anca. Ritrae lentamente il pollice e io sento il rumore rivelatore della lampo dei jeans. Mi afferra l’altro fianco, mi tira verso di sé e mi allarga ulteriormente le gambe, spingendo un piede contro il mio. «Non mollare il tavolo, Ana» mi avverte.
«No» dico senza fiato.
«Qualcosa di violento? Dimmi se è troppo violento. Capito?»
«Sì» sussurro, e lui me lo sbatte dentro tirandomi al contempo verso di sé, spingendo il dilatatore più a fondo…
«Cazzo!» grido.
Lui s’immobilizza, il respiro affannoso, il mio ansimare che si mescola al suo. Cerco di assorbire tutte le sensazioni: quella meravigliosa di essere riempita, la sensazione allettante di fare una cosa proibita, il piacere erotico che si diffonde dal centro del mio corpo. Tira delicatamente il dilatatore.
“Oddio…” Gemo e sento che lui respira forte… un ansito di piacere puro, genuino. Mi infiamma il sangue. Mi sono mai sentita così sfrenata? Così…
«Ancora?» sussurra.
«Sì.»
«Stai giù!» Lo tira fuori e me lo infila dentro di nuovo.
“Oh… era questo che volevo.” «Sì» dico tra i denti.
E lui prende il ritmo, il respiro più affannoso che si mescola al mio ansimare mentre mi scopa.
«Oh, Ana» dice in un soffio. Toglie una mano dal mio fianco e gira il dilatatore lentamente, tirandolo fuori e poi spingendolo di nuovo dentro. La sensazione è indescrivibile, penso che morirò su questo tavolo. Non perde un colpo mentre mi prende, ripetutamente, muovendosi con violenza dentro di me, mentre io mi contraggo e sono percorsa dagli spasmi.
«Oh, cazzo» gemo. Mi sta aprendo in due.
«Sì, piccola» sibila.
«Ti prego» lo supplico, e non so per cosa… perché smetta, perché non smetta mai, perché giri ancora il dilatatore. Mi contraggo intorno a lui e all’oggetto.
«Ecco» ansima e mi colpisce con forza sulla natica destra, e io vengo… ripetutamente, la sensazione di cadere, di vorticare, di pulsare intorno a quello che mi riempie… e Christian estrae delicatamente il dilatatore.
«Aah!» grido e Christian mi afferra per i fianchi e raggiunge l’orgasmo urlando, tenendomi ferma.
La donna sta ancora cantando. In questa stanza Christian mette sempre le canzoni in loop. Sono accoccolata con le gambe intrecciate alle sue, la testa sul suo petto. Siamo sul pavimento della stanza dei giochi, vicino al tavolo.
«Bentornata» dice, togliendomi la mascherina. Sbatto le palpebre mentre gli occhi si abituano alla luce. Mi solleva il mento e mi bacia teneramente sulle labbra, lo sguardo concentrato e ansioso che cerca il mio. Allungo una mano per accarezzargli la faccia. Sorride.
«Bene, ho esaudito la richiesta?» chiede, divertito.
Mi incupisco. «Richiesta?»
«Lo volevi violento» dice con gentilezza.
Faccio un sorriso radioso, semplicemente perché non posso farne a meno. «Sì. Credo che tu l’abbia esaudita…»
Lui inarca un sopracciglio e ricambia il sorriso. «Sono molto felice di sentirlo. In questo momento hai l’aria di una che è stata assolutamente ben scopata, e sei bellissima.»
«È proprio come mi sento» faccio le fusa.
Mi bacia con tenerezza, le labbra calde contro le mie. «Non mi deludi mai.» Si scosta per guardarmi in faccia. «Come stai?» Nella sua voce c’è una nota di preoccupazione.
«Bene» mormoro, sentendomi avvampare. «Assolutamente ben scopata.» Faccio un sorriso timido.
«Be’, Mrs Grey, usi un linguaggio davvero volgare.» Christian finge un’espressione offesa, ma io percepisco il divertimento nella sua voce.
«Perché sono sposata con un ragazzo davvero volgare, Mr Grey.»
Fa un sorriso assurdamente stupido ed è contagioso. «Sono felice che tu sia sposata con lui.» Prende in mano la mia treccia, se la porta alle labbra e ne bacia l’estremità con venerazione, gli occhi splendenti d’amore.”

Sono due scene molto diverse, che veicolano due stati emotivi diversi. E questo è importante per la costruzione delle dinamiche fra i personaggi.
Di sicuro la seconda scena è un po’ più concreta a livello sensoriale, e anche più complessa perché Anastasia è cambiata, lui è cambiato, l’utilizzo degli spazi è cambiato. E in più Anastasia è più consapevole.

La cosa davvero importante da ricordare non è cosa hanno fatto, ma quello che traspare da ciò che hanno fatto.

Teniamolo a mente, e andiamo avanti.

  • la seconda è che il LINGUAGGIO NON è MOSTRATO.
    Questi libri non fanno mai quel passo in più per farti immergere veramente al loro interno. Lasciano sempre un velo di distacco fra fruitore e storia.

Ma dobbiamo ammettere che la narrazione in prima persona permette una FOCALIZZAZIONE INTERNA interessante. Che in questa trilogia ci permette di vedere tre personalità di Anastasia in lotta fra loro.
La prima è quella con cui percepisce il mondo, la seconda è la sua coscienza con cui si redarguisce, e la terza è la sua parte lasciva: la sua dea interiore che gode e si esalta per l’interesse di Christian.

  • Strettamente legata al linguaggio, c’è la questione delle ripetizioni stereotipate. Si affida troppo ai soliti aspetti fissi per descrivere, come se non potesse appellarsi ad altri.
    (Le labbra di Christian sono sempre scolpite, il sorriso non tange gli occhi o è sempre dolcissimo, i pantaloni gli cadono sempre sui fianchi “in quel modo” – che non si capisce mai quale diavolo sia – e via dicendo.)

BONUS: DIALOGUE TAG

Leggendo le scene ne avrete notati parecchi.

Passo indietro: cosa sono i dialogue tag?
Sono quelle “descrizioni” che affiancano i dialoghi.
I vari “chiese”, “disse”, “mugugnò” e via dicendo. Se volete approfondire, ne ho parlato qui.
I dialogue tag hanno la funzione di COMPLETARE i dialoghi. Ci dicono qualcosa del tono in cui vengono espresse le battute.
Se in alcuni momenti sono davvero superflui (ad esempio i “chiedo”, dopo una battuta con un punto interrogativo. Già.), in questi libri ne ho trovati alcuni particolarmente utili perché, nonostante le scene siano costruite per comprendere il tono che acquisiscono entrambi i personaggi parlando, c’è una gamma molto vasta che si può dare a un semplice «No». Specialmente quando un personaggio cambia atteggiamento emotivo, e tono di voce, in maniera repentina.

Il mio consiglio rimane sempre quello di metterne il meno possibile, e favorire i BEAT che trasformano un dialogo statico in un dialogo “in azione”. E. L. James ne mette diversi. Alcuni anche interessanti.
Ma se proprio ne avete bisogno, fate particolare attenzione a mettere i DIALOGUE TAG in cui sia davvero esplicato il MODO di dire qualcosa piuttosto che l’INTENZIONE di ciò che si voleva dire.

I dialoghi funzionanti sono quelli in cui la scena è preparata adeguatamente ad accogliere “quel” tipo di scambio di battute. Quindi, se un personaggio insinua qualcosa, dovrebbe evincersi dal suo modo di interagire col personaggio con cui sta parlando.
Perché se è il narratore a dirlo, è un giudizio esterno invadente, fine a sé stesso. Invece, evidenziando l’atteggiamento e facendolo trasparire attraverso gesti e pensieri sottili, l’intromissione del narratore invadente si annulla.
E il personaggio semplicemente si dimostra per ciò che è.

Evitate i dialogue tag che puzzano di giudizio del narratore.

Ed, eventualmente, favorite quelli che danno un’idea più concreta del modo in cui vengono espresse le parole. Gridare, sussurrare, bisbigliare, mormorare, ringhiare, grugnire, ansimare sono tutti modi più “sani” di usarli.

In questo specifico caso diamo una sorta di beneplacito parziale ad alcuni “ordina”, perché sono una peculiarità intrinseca che caratterizza diversi aspetti di Mr Grey.
Ma solo al alcuni, altri potrebbero benissimo essere trasformati in beat senza problemi.

«E farfugliare? Balbettare? Sibilare?»

Ni.

Se un personaggio sibila, fatelo sibilare… Se balbetta fatelo balbettare, pure se indugia o strascica le parole. Utilizzate le parole e la punteggiatura per mettere in scena la sua voce, questo lo renderà riconoscibile fra gli altri facilitando l’attribuzione delle battute.

Nessuno ha detto che scrivere bene sia facile. Ma non è nemmeno impossibile.

Tendenzialmente, comunque, questi libri hanno il grande pregio di essere fluidi e scorrevoli. Si lasciano leggere, e questo di sicuro influisce sul bacino di pubblico.
Più un segnale arriva chiaro e recepibile più si svilupperà piacere nel proseguire la lettura, senza affaticarsi troppo.
Perché questo non cambia mai: se la mente inciampa troppo spesso in subordinate e voli pindarici, sottrae troppa energia all’affiatamento con la storia.
È quello il nostro obiettivo.

Vogliamo sapere a cosa ci serva tutta questa ginnastica pelvica.

«Eh, appunto. A che serve?»

COSA SI DANNO A VICENDA

C’è una nota dolente, in generale, che caratterizza le scene di sesso – molto più che altri tipi di scene: l’inutilità.
A volte vengono inserite solamente perché si pensa che alluzzino il lettore.
“Ci metto molto sesso, così vendo molto…”

Eh, no. Piccoli furbacchioni criminali della narrativa.
Avete presente arrapamento gratuito di alcuni film d’azione? Il mondo sta crollando, la bomba esploderà fra 30 secondi, ma i due personaggi si guardano, entrambi sporchi di morchia e sangue e… si baciano con ardore.
Macheccazz!
No.

Viene da dir loro: «Ehi, ragazzi? Sveglia! State per morire, potete limonare dopo? Cerchiamo di concentrarci, dai…»

Un romanzo erotico non lo è per la quantità di scene erotiche presenti. Lo è perché il sesso è un collante fondamentale per comprendere la storia. È un catalizzatore, non un pretesto per fare marketing.

La vita sessuale può dire tantissimo di una persona, sia a livello individuale che relazionale. Le interazioni interpersonali, e lo sviluppo del pensiero, sono molto differenti in base all’inclinazione sessuale dei soggetti.

A quella sono legati una miriade di processi psicologici, che non possiamo permetterci di sottovalutare quando ragioniamo in termini di costruzione dei personaggi.
Personaggi asessuali interagiranno in maniera diversa da altri che vivono la sessualità in maniera più recettiva, ad esempio. Cambia la prossemica, il modo di flirtare, il modo di approcciarsi, il modo di provocare e quello di prendere le distanze. Lo stesso si può dire di personaggi che hanno età ed esperienze diverse.

Il sesso è uno dei meccanismi sociali per eccellenza, nel mondo animale. E noi non ne siamo immuni.

Può essere affermazione individuale, ribellione politica, assoggettamento a un sistema, rinascita, celebrazione dello spirito e del corpo, e molto altro. Il sesso può essere vita. Sia come esaltazione che come prigionia procreativa.
Non affrontate scene di sesso se non siete in grado di comprendere le sfumature che coinvolgono la sfera emotivo-sessuale in modo approfondito.

In Cinquanta sfumature di grigio, Anastasia scopre il suo corpo, scopre i suoi limiti assoluti e relativi. E il gioco è incentrato sulla scelta di cosa cedere, o no. E se sia giusto farlo o meno. Capendo fino a che punto Christian può essere pericoloso per lei.
Contemporaneamente, abbiamo detto che lei incrina sempre più a fondo la corazza emotiva di Mr Grey. Mettendo la sua necessità di controllo continuamente a dura prova e portando il loro rapporto su un piano emotivo, anziché meccanico.

Ma, cosa più importante, lui le dà fiducia in sé stessa.

Capendo dove può arrivare con il suo corpo, acquisisce una tempra che le sarà utile per uscire dal proprio bozzolo. Fra le mani di Christian, Anastasia fiorisce. Porta al massimo il suo potenziale inespresso. Perché, che lo si voglia o no, quando si accetta il proprio corpo intimamente, è come se accettassimo il nostro nucleo più interno, il nostro baricentro.

Mettersi a nudo significa spogliarsi anche di tutte le barriere, gli scudi e le armi di difesa che abbiamo, per rimanere esposti e fragili. Trarre forza dalla nudità interiore ed esteriore, amplifica il potenziale intrinseco di una persona.

Se niente può scalfire il mio nucleo non ho paura di ciò che può presentarsi all’esterno, no?

Il sesso è un catalizzatore di questo processo, per Anastasia. Per Christian, ad un certo punto diventa un rifugio, dopo essere stato una forgia, una struttura, uno strumento di potere.

Penso che una delle frasi più belle che abbia mai sentito, per spiegare a un bambino cosa sia il sesso, provenga da “I Cesaroni” (sì, la serie TV).
In quel frangente si diceva che quando due persone si amano, in qualche modo si attraggono l’un l’altra: hanno BISOGNO di stare vicine, il più possibile.
Ma arriva un momento in cui non è più sufficiente. Hanno bisogno di stare così vicine che vogliono stare l’una DENTRO l’altra.
Eccoci.

L’una dentro l’altra.

Nel mondo interiore di Christian che si sta sgretolando, Anastasia è uno scoglio a cui aggrapparsi. Un punto fermo di calore, di protezione. Di conforto.
Ha bisogno di tornare a lei quando perde terreno sotto le dita. Anche se all’inizio non riesce a comprenderne il motivo, dentro di lei mette radici e trova terreno su cui attecchire; e Anastasia si rinforza. Trova acqua per allignare e crescere, per puntare alla luce e fiorire.

In questi libri, il sesso veicola questi processi. Se lo togliamo dall’equazione, tutto perde di consistenza. Perché si perde il terreno di gioco in cui i due personaggi si confrontano e crescono.

IL SESSO COME TERAPIA

È un terreno molto sconnesso sul quale muoversi, e certamente non ho le nozioni adeguate per parlare di psicologia e sessuologia in modo approfondito.
Ma se vi interessa dare una sbirciata al modo in cui sesso e psicologia entrano in sinergia, vi consiglio la serie Masters of sex, che parla del lavoro svolto da William Masters e Virginia Johnson: pionieri dello studio della sessualità, a cavallo fra gli anni ’50 e ’70.
Un particolare interessante che trapela dalla serie è che, dopo aver analizzato dal punto di vista puramente scientifico ed aver tracciato una mappatura sensoriale sessuale – diversa per maschio e femmina – entra in gioco la componente psicologica.
Problematiche sessuali sono il risultano di pressioni psicologiche, e viceversa. E non puoi curare una parte senza accudire anche l’altra.
È interessante vedere anche il processo sociale in cui molti tabù vengono sfatati, e che ha promosso battaglie storiche di rivendicazione personale.

Un’altra serie che propone la terapia sessuale, e che vi consiglio, è Sex Education.
In un contesto decisamente più contemporaneo si parla della componente relazionale abbinata all’inclinazione sessuale, in ragazzi e ragazze adolescenti.
Un modo ironico, ma flessibil, di prendere confidenza con la possibilità di rivendicare la propria identità individuale a prescindere dall’inclinazione sessuale.
Se avessi figli adolescenti gliela proporrei.

TROPI NARRATIVI

«Dunque, vorresti farci credere che in Cinquanta sfumature c’è tutto questo?»

Già. E anche qualcosina di più.

Se questo dattiloscritto fosse capitato a me, io l’avrei mandato in stampa subito.
È una gallina dalle uova d’oro.

Si appella anche a tutta una serie di TROPI NARRATIVI che siamo in grado di riconoscere e che abbiamo assimilato nel corso della nostra crescita come individui.
La nostra identità culturale ne è permeata, che siano aulici o più popolari.
Per esempio, in questi specifici libri potremmo prendere Pretty Woman, La Bella e la Bestia, Dottor Jekyll e Mr Hyde e Cenerentola (solo per citare quelli più immediati) e frullarli insieme, per trarne dei frammenti riconoscibili al lettore medio, e che possano catapultarlo dentro la storia.

È più facile far muovere qualcuno dentro a un labirinto se gli sembra un luogo che non può fargli del male.

Il fruitore si guarderà intorno con quell’aria di confidenza data da un luogo che ha un’atmosfera familiare, ma che in sé porta uno stuzzicante profumo che non conosce. Quel profumo che ti tiene col naso all’insù e ti fa esplorare sempre più a fondo la promessa di acquolina in bocca.

Ora, provate a pensare: se in un libro controverso come questo – che viene ritenuto spazzatura – c’è tutto questo potpourri, siete davvero certi che voi possiate farne a meno nel vostro?

Non parlo della fetta corposa di acrobazie sessuali (che poi, alla fin fine, non sono neanche poi così spinte proprio per mantenere quell’aria rassicurante di cui parlavamo prima), ma del simbolismo, della costruzione dell’empatia, della gestione del conflitto, degli archi di trasformazione e delle tecniche narrative in generale.

Mi sa di no.
Oltretutto ci mette di fronte a una società che cambia e si evolve, anche nella concezione della libertà sessuale; che è passata dal bruciare i reggiseni in strada al metterci davanti al concetto di dominazione e sottomissione sessuale.

Chi lo usa come strumento per imporre e sdoganare una mentalità di dominazione dell’uomo sulla donna non ha capito niente.
Ma questa è un’altra storia, come diceva il mio amico Micheal Ende.

AUTORE IMPLICITO E IRONIA DRAMMATICA

C’è una piccola chicca per coloro che arrivano in fondo alla storia, e che probabilmente si può godere appieno solo se si sono letti tutti i libri, avvalendosi dell’IRONIA DRAMMATICA sviluppata nel comprendere il percorso che ha fatto Christian. Da Dominatore a padre di famiglia innamorato.
Ma, secondo me, valeva la pena di spenderci due parole, così ve la propongo.

Introduce il concetto di AUTORE IMPLICITO, che poi affronteremo approfonditamente in uno degli articoli successivi che parleranno di MOSTRARE.

Scrivere bene una focalizzazione interna presuppone un filtro piuttosto aderente al personaggio.
E se il nostro PUNTO DI VISTA è sgradevole più facile sarà lo scollamento fra storia e personaggi.

Adesso che avete letto tutto quello che vi ho scritto al riguardo, vi lascio la scena in cui Anastasia incontra Mr Grey per la prima volta.

E, dopo di quella, la stessa scena. Ma da punto di vista di Christian.

Un vero spasso. E anche un modo per comprendere quanto Anastasia si sottovaluti, e quanto peso abbia il punto di vista di un personaggio nel modo in cui percepiamo una scena.
Può acquisire significati completamente speculari, se permettiamo ai personaggi di dimostrarsi per ciò che sono senza intrometterci come autori.
E questo dovrebbe aiutarvi a scegliere sempre il punto di vista ottimale, in base a ciò che volete ottenere da una storia, tenendo in equilibrio MISTERO, SUSPENSE e IRONIA DRAMMATICA.

“Un’altra elegante e impeccabile bionda esce da una porta sulla destra. Cos’è questa fissazione per le bionde perfette? Mi sembra di essere in una soap opera. Con un respiro profondo, mi alzo in piedi.
«Miss Steele?» chiede l’ultima bionda della serie.
«Sì» gracchio. Mi schiarisco la voce. «Sì.» Ecco, così suonava più autorevole.
«Mr Grey la riceverà fra un attimo. Posso prendere la sua giacca?»
«Oh, sì, grazie.» Me la sfilo, un po’ impacciata.
«Le hanno offerto qualcosa da bere?»
«Mmh… no.» Oh, cavolo, la Bionda Numero Uno adesso è nei guai?
La Bionda Numero Due aggrotta la fronte e guarda di traverso la ragazza alla reception.
«Gradisce un tè, un caffè, un bicchiere d’acqua?» chiede, riportando l’attenzione su di me.
«Un bicchiere d’acqua, grazie» mormoro.
«Olivia, per cortesia, porta un bicchiere d’acqua a Miss Steele.» Ha un tono severo. Olivia balza dalla sedia e si dirige immediatamente verso una porta dall’altra parte dell’atrio.
«Le faccio le mie scuse, Miss Steele, Olivia è la nostra nuova stagista. Mr Grey la riceverà tra cinque minuti.»
Olivia torna con un bicchiere di acqua ghiacciata.
«Ecco a lei, Miss Steele.»
«Grazie.»
La Bionda Numero Due si dirige verso la reception, con i tacchi che risuonano sul pavimento. Si siede. Lei e la collega riprendono il loro lavoro.
Forse Mr Grey vuole che tutte le sue dipendenti siano bionde. Mi sto oziosamente chiedendo se ciò sia legale, quando la porta dell’ufficio si apre ed emerge un attraente afroamericano con corti dreadlocks, alto e ben vestito. Decisamente, ho scelto il look sbagliato.
Si gira e chiede dalla soglia: «Questa settimana si gioca a golf, Grey?».
Non sento la risposta. L’uomo si volta, mi vede e sorride, stringendo gli occhi scuri. Olivia è balzata a chiamare l’ascensore. Sembra eccellere nel salto dalla sedia. È più nervosa di me!
«Buon pomeriggio, signore» saluta lui, uscendo.
«Mr Grey è pronto a riceverla, Miss Steele. Si accomodi» dice la Bionda Numero Due. Mi alzo,cercando di dominare l’agitazione. Prendo lo zainetto, abbandono il bicchiere d’acqua e mi dirigo verso la porta socchiusa.
«Non occorre che bussi, può entrare.» Mi sorride con gentilezza.
Apro la porta e inciampo. Cado lunga distesa in mezzo all’ufficio.
“Merda… Imbranata che non sono altro!” Mi ritrovo carponi mentre due mani premurose mi aiutano a rialzarmi. Sono così imbarazzata, maledetta la mia goffaggine! Devo farmi forza per alzare lo sguardo.
Porca miseria… è giovanissimo.
«Miss Kavanagh.» Quando sono di nuovo in piedi, lui mi porge una mano dalle dita affusolate. «Sono Christian Grey. Va tutto bene? Vuole sedersi?»
Giovanissimo… e bello, bello da morire. È alto, indossa un elegante completo grigio, una camicia bianca, una cravatta nera, ha una ribelle chioma biondo rame scuro e intensi, luminosi occhi grigi che mi scrutano con attenzione. Ci metto qualche istante a trovare la voce.
«Mmh. In realtà…» mormoro. Se questo tipo ha più di trent’anni, io sono la regina Elisabetta. Stordita, avvicino la mia mano alla sua e gliela stringo. Quando le nostre dita si toccano, sento una strana, inebriante scossa. Ritiro subito la mano, imbarazzata. Dev’essere l’elettricità statica. Sbatto in fretta le palpebre, a ritmo con il battito del mio cuore.
«Miss Kavanagh è indisposta, quindi ha mandato me. Spero che non le dispiaccia, Mr Grey.»
«E lei è…?» Il tono è affabile, forse divertito, ma è difficile dirlo dalla sua espressione impassibile. Sembra blandamente interessato, ma soprattutto educato.
«Anastasia Steele. Studio letteratura inglese con Kate, cioè… Katherine… cioè… Miss Kavanagh, alla Washington State University di Vancouver.»
«Capisco» dice lui semplicemente. Mi pare di scorgere sul suo volto l’ombra di un sorriso, ma non ci giurerei.
«Vuole accomodarsi?» Indica un divano a L di pelle bianca.
Il suo ufficio è troppo grande per un uomo solo.
Davanti alla vetrata c’è un’enorme scrivania moderna di legno scuro intorno alla quale potrebbero trovare comodamente posto sei persone. È dello stesso colore del tavolino accanto al divano. Tutto il resto è bianco: soffitto, pavimento e pareti, a parte il muro intorno alla porta su cui è appeso un mosaico di piccoli quadri disposti a forma di quadrato. Sono davvero deliziosi: una serie di oggetti di uso quotidiano dimenticati, dipinti con tale precisione da sembrare fotografie.
Esposti tutti insieme fanno un certo effetto.
«Un artista locale. Trouton» dice Grey, intercettando il mio sguardo.
«Sono belli. Elevano l’ordinario a straordinario» mormoro, distratta sia da lui sia dai quadri. Lui piega la testa di lato e mi guarda con interesse.
«Non potrei essere più d’accordo, Miss Steele» dice con voce vellutata, e per qualche inspiegabile motivo mi fa arrossire.
A parte i quadri, il resto dell’ufficio è freddo e asettico. Mi chiedo se rifletta la personalità dell’Adone che si lascia elegantemente cadere su una delle poltrone davanti a me. Scuoto la testa, turbata dalla direzione che stanno prendendo i miei pensieri, e recupero dallo zainetto le domande di Kate. Poi afferro il registratore e, maneggiandolo in modo maldestro, lo faccio cadere due volte sul tavolino. Mr Grey non dice nulla e aspetta con pazienza – almeno, spero – mentre io sono sempre più imbarazzata e confusa. Quando recupero il coraggio per guardarlo, lui mi sta fissando, con una mano che sostiene il mento, sfiorando le labbra con il lungo dito indice. Penso che stia cercando di reprimere un sorriso.
«M-mi scusi» farfuglio. «Non sono abituata a usare questo arnese.»
«Si prenda tutto il tempo che le occorre, Miss Steele» dice.
«Le dispiace se registro le sue risposte?»
«Me lo chiede adesso, dopo aver tanto faticato per far funzionare il registratore?»
Arrossisco. Mi prende in giro? Lo spero. Lo guardo sbattendo le palpebre, senza sapere che cosa dire, e mi pare che lui sia mosso a pietà perché si addolcisce.
«No, non mi dispiace.»
«Kate, voglio dire, Miss Kavanagh, le aveva spiegato a cosa è destinata questa intervista?»
«Sì. Apparirà sul prossimo numero del giornale studentesco, dato che alla cerimonia di quest’anno sarò io a consegnare i diplomi di laurea.»
Ah! Questa è nuova, e per un attimo mi disturba il pensiero che il diploma mi sia consegnato da una persona non molto più vecchia di me… D’accordo, forse avrà un sei anni di più, e d’accordo, ha un successo travolgente, ma comunque… Aggrotto la fronte, tentando di riportare la mia attenzione indisciplinata sul compito che mi aspetta.
«Bene.» Deglutisco nervosamente. «Avrei alcune domande da farle, Mr Grey.»
«Lo avevo intuito» dice, senza battere ciglio. Mi sta prendendo in giro. L’idea mi fa avvampare, dunque raddrizzo la schiena e le spalle nello sforzo di sembrare più alta e autorevole. Premo il pulsante del registratore.
«Lei è molto giovane per aver creato un simile impero. A che cosa deve il suo successo?» Lo guardo: ha un sorriso tranquillo, ma sembra vagamente seccato.
«Il mondo degli affari ruota intorno alle persone, Miss Steele, e io sono molto bravo a giudicarle. So come agiscono, che cosa le fa crescere e che cosa no, che cosa le stimola e come incentivarle. Mi avvalgo di una squadra eccezionale, che ricompenso bene.» Fa una pausa e mi fissa con i suoi occhi grigi. «Sono convinto che, per raggiungere il successo in qualsiasi settore, si debba diventare padroni di quel settore, conoscerlo da ogni punto di vista, nei minimi dettagli. Io lavoro sodo, molto sodo, per riuscirci. Prendo decisioni basate sulla logica e sui fatti. Ho un istinto naturale che mi porta a individuare e a far crescere un’idea buona e solida con gente valida. La morale è che è sempre una questione di gente valida.»
«Forse ha solo avuto fortuna.» La battuta non è sulla lista di Kate, ma il personaggio è troppo arrogante. Lui sbarra gli occhi, sorpreso.
«Non mi sottometto alla fortuna o al caso, Miss Steele. Più mi impegno nel lavoro più sembro fortunato. È questione di avere le persone giuste nella propria squadra e di saperne guidare le energie al meglio. Mi pare che sia stato Harvey Firestone a dire: “La crescita e lo sviluppo delle persone è la vocazione più nobile della leadership”.»
«Lei sembra un maniaco del controllo.» Le parole mi escono di bocca prima che riesca a fermarle.
«Oh, io esercito il controllo su tutto, Miss Steele» dice, senza traccia di ironia. Lo guardo negli occhi, e lui regge il mio sguardo, impassibile. Il mio cuore accelera i battiti, e io arrossisco di nuovo.
Perché quest’uomo ha un effetto così inquietante su di me? Sarà la sua bellezza travolgente? Il modo in cui mi fulmina con gli occhi? Il modo in cui si accarezza il labbro inferiore con il dito? Quanto vorrei che smettesse di farlo.
«Inoltre, se nelle proprie fantasie segrete ci si convince di essere nati per dominare, si acquista un potere immenso» continua, con la voce vellutata.
«Lei pensa di avere un potere immenso?» “Maniaco del controllo.”
«Ho più di quarantamila persone alle mie dipendenze, Miss Steele. Questo mi dà un certo senso di responsabilità… di potere, se preferisce. Se io dovessi decidere che il settore delle telecomunicazioni non mi interessa più e che voglio vendere, ventimila persone faticherebbero a pagare il mutuo dopo un mese o poco più.»
Lo guardo a bocca aperta. Sono sconcertata dalla sua mancanza di umiltà.
«Non ha un consiglio di amministrazione a cui rispondere?» chiedo, disgustata.
«La società è di mia proprietà. Non devo rispondere a nessun consiglio.» Alza un sopracciglio. Naturalmente avrei dovuto saperlo, se solo avessi fatto qualche ricerca. Ma, accidenti, è così arrogante! Cambio strategia.
«E ha qualche interesse, al di fuori del lavoro?»
«Ho interessi molto vari, Miss Steele.» L’ombra di un sorriso gli sfiora le labbra. «Molto vari.» Per qualche ragione, il suo sguardo penetrante mi confonde. Nei suoi occhi luccica un pensiero perverso.
«Che cosa fa per rilassarsi?»
«Rilassarmi?» Sorride, rivelando denti bianchissimi.
Rimango senza fiato. È davvero bellissimo. Nessuno dovrebbe essere così attraente.
«Be’, per “rilassarmi”, come dice lei, vado in barca, volo, pratico diversi sport.» Si muove sulla poltrona.
«Sono molto ricco, Miss Steele, e ho passatempi costosi e impegnativi.»
Lancio una rapida occhiata alle domande di Kate, ansiosa di cambiare argomento.
«Lei investe nell’attività industriale. Perché, esattamente?» chiedo. Come mai quest’uomo mi mette così a disagio?
«Mi piacciono le cose. Mi piace sapere come funzionano: quali sono i loro ingranaggi, come costruirle e smontarle. E ho una passione per le navi. Cosa posso dire?»
«Sembra che sia il suo cuore a parlare, più che la logica e i fatti.»
Lui storce la bocca e mi soppesa con lo sguardo.
«È possibile. Anche se certe persone direbbero che io non ho un cuore.»
«Perché direbbero una cosa del genere?»
«Perché mi conoscono bene.» Piega le labbra in un sorriso sarcastico.
«I suoi amici direbbero che è facile conoscerla?»
Rimpiango subito di aver fatto quella domanda. Non è nella lista di Kate.
«Sono una persona molto riservata, Miss Steele. Faccio di tutto per proteggere la mia privacy. Non rilascio molte interviste…»
«Perché ha accettato di rilasciare questa?»
«Perché sono uno dei finanziatori dell’università, e a dispetto dei miei sforzi non sono riuscito a togliermi di torno Miss Kavanagh. Ha tormentato i miei addetti alle pubbliche relazioni fino all’esaurimento, e io ammiro questo genere di tenacia.»
So bene quanto possa essere tenace Kate. Non per nulla, mi trovo seduta qui, quando invece dovrei studiare per gli esami.
«Lei investe anche in tecnologie agricole. Perché le interessa questo settore?»
«I soldi non si mangiano, Miss Steele, e troppe persone su questo pianeta non hanno abbastanza da mangiare.»
«Sembra molto filantropico. È una cosa che la appassiona… sfamare i poveri del mondo?»
Si stringe nelle spalle, con fare evasivo.
«È solo senso per gli affari» mormora, anche se mi sembra poco sincero. Non ha senso… Sfamare i poveri? Non riesco a vederne i vantaggi finanziari, ma solo la virtù di un ideale. Sbircio la domanda seguente.
«Lei ha una filosofia? Se sì, quale?»
«Non ho una filosofia vera e propria. Forse un principio guida, quello di Carnegie: “Un uomo che acquisisce la capacità di prendere pieno possesso della propria mente è in grado di prendere possesso di qualsiasi altra cosa a cui abbia diritto”. Sono un tipo molto particolare, motivato. Mi piace avere il controllo, di me stesso e di quelli che mi circondano.»
«Quindi vuole possedere le cose?» “Sei un maniaco del controllo.”
«Voglio meritarne il possesso, ma sì, alla fine, voglio possederle.»
«Lei sembra il consumatore ideale.»
«Lo sono.» Sorride, ma il suo sorriso non coinvolge gli occhi. Di nuovo, ciò è in contrasto con una persona che vuole sfamare il mondo, per cui non posso fare a meno di pensare che stiamo parlando di qualcos’altro, ma non saprei proprio dire di cosa. Deglutisco. La temperatura nella stanza sta aumentando, o forse dipende da me. Voglio solo che questa intervista si concluda. Ormai Kate avrà abbastanza materiale, no?
Guardo la domanda successiva.
«Lei è stato adottato. In quale misura ritiene che ciò abbia influenzato il suo modo di essere?» Ah, questa sì che è una domanda personale. Lo guardo, sperando che non si sia offeso. Lui aggrotta la fronte.
«Non ho modo di saperlo.»
La mia curiosità si è risvegliata. «Quanti anni aveva quando è stato adottato?»
«È un’informazione di pubblico dominio, Miss Steele.» Il suo tono è severo. “Merda.” Già, certo, se avessi saputo di dover fare questa intervista, mi sarei preparata. Confusa, mi affretto a passare oltre.
«Ha dovuto sacrificare la vita familiare al lavoro.»
«Questa non è una domanda» taglia corto lui.
«Mi scusi.» Sono agitata. Lui mi fa sentire come una bambina colta in fallo. Ci riprovo. «Ha dovuto sacrificare la vita familiare al lavoro?»
«Io ho già una famiglia. Un fratello, una sorella e due genitori amorevoli. Non mi interessa allargarla ulteriormente.»
«Lei è omosessuale, Mr Grey?»
Lui fa un sospiro irritato, e io chino il capo, mortificata. “Accidenti.” Perché non ho usato una sorta di filtro prima di sparare questa domanda? Come faccio a dirgli che mi sono limitata a leggerla? Al diavolo Kate e la sua curiosità!
«No, Anastasia, non lo sono.» Alza un sopracciglio, con un lampo gelido negli occhi. Non sembra contento.
«Le chiedo scusa. È… ecco… è scritto qui.» È la prima volta che pronuncia il mio nome. Il cuore mi martella nel petto, e le guance mi bruciano. Mi infilo nervosamente alcune ciocche sciolte dietro l’orecchio.
Lui piega la testa di lato.
«Queste domande non sono sue?»
Impallidisco.
«Ehm… no. È stata Kate, Miss Kavanagh, a prepararle.»
«Siete colleghe al giornale studentesco?» “Oh, no.” Io non ho niente a che fare con il giornale studentesco. È l’attività extracurricolare di Kate, non la mia. Ho di nuovo il volto in fiamme.
«No, lei è la mia coinquilina.»
Lui si gratta il mento, riflettendo senza fretta, mentre i suoi occhi grigi mi valutano.
«Si è offerta lei di farmi questa intervista?» chiede, con una calma glaciale.
Un attimo, chi è che fa le domande qui? Il suo sguardo mi inchioda, spietato: mi sento costretta a dire la verità.
«Sono stata reclutata all’ultimo. Kate non sta bene.» La mia voce trema.
«Questo spiega molte cose.»
Qualcuno bussa alla porta, ed entra la Bionda Numero Due.
«Mr Grey, mi scusi se la interrompo, ma il suo prossimo appuntamento è fra due minuti.»
«Non abbiamo ancora finito, Andrea. Per favore, annulla il prossimo appuntamento.»
Andrea esita, guardandolo a bocca aperta. Sembra disorientata. Lui gira piano la testa verso di lei e la fa arrossire. “E così non sono l’unica!”
«Certo, Mr Grey» farfuglia, poi esce. Lui aggrotta la fronte, e riporta l’attenzione su di me.
«Dove eravamo, Miss Steele?»
“Ah, adesso siamo tornati al ‘Miss Steele’.”
«La prego, non voglio distoglierla dai suoi impegni.»
«Voglio sapere qualcosa di lei. Mi sembra doveroso.»
I suoi occhi brillano di curiosità. “Dove vuole arrivare?” Appoggia i gomiti sui braccioli della poltrona e unisce le dita di fronte alla bocca. La sua bocca è… una grande distrazione. Deglutisco.
«Non c’è molto da sapere.»
«Che progetti ha dopo la laurea?»
Mi stringo nelle spalle, sconcertata dal suo interessamento. “Venire a Seattle con Kate, trovare un lavoro.” Non sono ancora riuscita a pensare oltre gli esami.
«Non ho fatto progetti, Mr Grey. Per il momento, mi basta superare gli esami.» Per cui in questo preciso momento dovrei studiare, invece di starmene seduta nel tuo ufficio sontuoso, elegante e asettico, sentendomi a disagio sotto il tuo sguardo penetrante.
«Nella mia azienda abbiamo un ottimo programma di stage» spiega con calma. Sono turbata, interdetta.
Mi sta offrendo un lavoro?
«Me lo ricorderò» mormoro, confusa. «Anche se non sono certa di essere adatta a questo posto.» Oh, no. Sto di nuovo pensando ad alta voce.
«Perché dice così?» Piega la testa di lato, incuriosito, l’ombra di un sorriso sulle labbra.
«È ovvio, no?» “Sono scoordinata, malvestita, e non sono bionda.”
«Non per me.» Il suo sguardo è intenso, senza più traccia di umorismo, e io sento il ventre contrarsi all’improvviso. Distolgo gli occhi dal suo esame minuzioso e li abbasso sulle mie dita intrecciate. “Che cosa sta succedendo?” Devo andarmene. Adesso. Mi chino per prendere il registratore.
«Vuole che le faccia fare un giro dell’azienda?» chiede.
«Sono certa che lei è molto impegnato, Mr Grey, e io devo fare un lungo viaggio.»
«Deve tornare a Vancouver?» Sembra sorpreso, addirittura in ansia. Lancia un’occhiata fuori dalla finestra. Ha cominciato a piovere. «Be’, è meglio che guidi con prudenza» mi intima, con tono severo e autorevole. E a lui cosa importa? «Ha ottenuto quello che le serviva?» aggiunge.
«Sì, signore» rispondo, infilando il registratore nello zainetto. Mi guarda perplesso, stringendo gli occhi.
«Grazie per l’intervista, Mr Grey.»
«È stato un piacere» dice lui, educato come al solito.
Mentre mi alzo, mi tende la mano.
«Alla prossima, Miss Steele.» Non sono sicura se suoni come una sfida, o una minaccia. Aggrotto la fronte. Quando mai ci incontreremo di nuovo? Gli stringo la mano, stupefatta di sentire ancora quellastrana scossa. Devono essere i miei nervi.
«Mr Grey.» Gli faccio un cenno di saluto. Con grazia atletica lui va alla porta e la spalanca.
«Solo per assicurarmi che la oltrepassi indenne, Miss Steele.» Mi fa un piccolo sorriso. Naturalmente, allude al mio ingresso non proprio trionfale. Arrossisco.
«È molto premuroso da parte sua, Mr Grey!» esclamo, e il suo sorriso si allarga. “Mi fa piacere che tu mi trovi buffa” lo fulmino dentro di me, tornando nell’atrio. Sono sorpresa di vedere che mi segue.
Andrea e Olivia alzano entrambe gli occhi, ugualmente sorprese.
«Ha un soprabito?» chiede Grey.
«Una giacca.»
Olivia balza in piedi e va a recuperarla. Grey gliela strappa di mano prima che possa consegnarmela. La tiene sollevata davanti a me e io me la infilo, vergognandomi da morire. Lui mi posa un istante le mani sulle spalle, facendomi sussultare. Se nota la mia reazione, non lo dà a vedere. Chiama l’ascensore e restiamo entrambi in attesa: io sulle spine, lui freddo e controllato. Le porte dell’ascensore si aprono e io sfreccio dentro, ansiosa di scappare. “Ho davvero bisogno di andarmene da qui.” Quando mi giro verso di lui, mi sta osservando, appoggiato alla parete con una mano. È davvero molto, molto bello. La cosa mi inquieta.
«Anastasia» dice, a mo’ di saluto.
«Christian» replico. E, per fortuna, le porte si chiudono.”

Avete visto le cose di cui abbiamo parlato?
Adesso, immergetevi qui:

“«Domani» borbotto, e congedo Claude Bastille che è in piedi sulla soglia del mio ufficio.
«Questa settimana si gioca a golf, Grey?» Bastille fa un sorrisetto arrogante, ben sapendo che sul campo da golf ha la vittoria assicurata.
Gli lancio un’occhiataccia mentre si gira e se ne va. Le parole con cui si è accomiatato sono come sale su una ferita perché, nonostante i miei eroici tentativi, stamattina in palestra il mio personal trainer mi ha fatto un culo così. Bastille è l’unico che riesce a battermi e adesso vuole ciò che gli spetta sul campo da golf. Io odio il golf, ma si fanno parecchi affari tra una buca e l’altra e così mi tocca prendere lezioni da lui anche lì… e, per quanto detesti ammetterlo, Bastille è riuscito a migliorare un po’ il mio gioco.
Mentre osservo lo skyline di Seattle, sono preso dalla solita sensazione di tedio. Il mio umore è spento e grigio come il cielo là fuori. Le mie giornate si susseguono uguali e ho bisogno di qualche diversivo. Ho lavorato tutto il weekend e ora, chiuso nei confini del mio ufficio, sono irrequieto. Non dovrei sentirmi così, non dopo parecchi round con Bastille. E invece…
Mi incupisco. La verità, e dovrebbe farmi riflettere, è che l’unica cosa che ha acceso il mio interesse recentemente è stata la decisione di inviare due navi da carico in Sudan. E questo mi fa venire in mente che Ros dovrebbe venire da me con tutti i resoconti dell’operazione. “Che cosa diavolo la trattiene?” Deciso a capire a che gioco sta giocando, do un’occhiata alla mia agenda e allungo la mano verso il telefono.
“Oh, no!” Devo sorbirmi l’intervista con quell’insistente Miss Kavanagh per il giornale studentesco della Washington State University. “Ma perché cazzo ho accettato?” Io odio le interviste, una serie di domande inutili da parte di idioti altrettanto inutili, male informati e superficiali. Suona il telefono.
«Sì» rispondo seccamente ad Andrea, come se fosse colpa sua. Perlomeno posso tentare di far sì che sia un’intervista breve.
«C’è Miss Anastasia Steele per lei, Mr Grey.»
«Steele? Io stavo aspettando Katherine Kavanagh.»
«Qui c’è Miss Anastasia Steele, signore.»
Detesto gli imprevisti. «Falla entrare» dico, brontolando. Mi rendo conto che sembro un adolescente lunatico, ma non me ne frega un cazzo.
“Bene, bene… Miss Kavanagh non è disponibile.” Conosco suo padre, il proprietario della Kavanagh Media. Abbiamo fatto qualche affare insieme, e mi sembra un professionista accorto e un uomo razionale. Ho concesso questa intervista per fargli un favore, un favore che ho intenzione di farmi restituire un giorno o l’altro. E devo ammettere che ero anche un po’ incuriosito da sua figlia, mi interessava capire se la mela era caduta lontano dall’albero oppure no.
Un certo scompiglio vicino alla porta mi fa alzare in piedi, mentre un vortice di capelli castani, pelle chiara e stivali marroni si tuffa a capofitto nel mio ufficio. Alzo gli occhi al cielo e reprimo la naturale reazione di fastidio per tanta goffaggine, mentre mi precipito verso la ragazza che è atterrata con mani e ginocchia sul pavimento. La prendo per le spalle esili e la aiuto a rimettersi in piedi.
Due luminosi e imbarazzati occhi azzurri incontrano i miei, e io mi blocco di colpo. Sono di un colore straordinario – azzurri, ingenui – e per un terribile istante ho la sensazione che lei possa leggere dentro di me. Mi sento… esposto. Il pensiero mi innervosisce. Ha un viso minuto e delicato, e sta arrossendo, un innocente rosa pallido. Per un secondo mi domando se tutta la sua pelle sia così – perfetta – e che aspetto potrebbe avere una volta arrossata e scaldata dal morso di una verga. “Cazzo.” Caccio i miei pensieri capricciosi, preoccupato dalla direzione che stanno prendendo. “A che cazzo stai pensando, Grey? Questa ragazza è troppo giovane.” Mi sta fissando a bocca aperta, e per poco non alzo di nuovo gli occhi al cielo. “Sì, sì, piccola. È solo un bel viso, e la bellezza esteriore è effimera.” Voglio togliere quello sguardo d’impudente ammirazione da quegli occhioni azzurri.
“Si va in scena, Grey. Divertiamoci un po’.” «Miss Kavanagh. Sono Christian Grey. Va tutto bene? Vuole sedersi?»
Di nuovo quel rossore. Sono tornato padrone di me, e mi metto a studiarla. È molto attraente, con quell’aria maldestra. È magra, pallida, con una criniera di capelli color mogano a stento trattenuti da un elastico. Una bruna. Sì, è decisamente attraente. Le porgo la mano e lei comincia a balbettare una mortificata serie di scuse, mettendo la sua piccola mano nella mia. Ha una pelle fresca e morbida, ma la sua stretta di mano è sorprendentemente decisa.
«Miss Kavanagh è indisposta, quindi ha mandato me. Spero che non le dispiaccia, Mr Grey.» Ha una voce pacata, con una musicalità un po’ esitante. Continua a sbattere le palpebre e le lunghe ciglia ondeggiano sui grandi occhi azzurri.
Non riesco a trattenere un sorriso mentre ripenso al suo ingresso non esattamente elegante nell’ufficio, e le chiedo come si chiama.
«Anastasia Steele. Studio letteratura inglese con Kate, cioè… Katherine… cioè… Miss Kavanagh, alla Washington State University di Vancouver.»
La classica studiosa timida e nervosa, eh? Ne ha tutta l’aria: è vestita in modo tremendo, nasconde la sua corporatura magra sotto un maglioncino informe e una gonna marrone a trapezio. “Non ha il minimo gusto nel vestire.” Si guarda intorno con aria nervosa… Noto con divertita ironia che guarda ovunque ma non verso di me.
Come fa questa ragazza a essere una giornalista? Non ha un briciolo di assertività. Agitata, mansueta, mite… sottomessa. In modo affascinante. Scuoto la testa, un po’ perplesso quando mi rendo conto della direzione presa dai miei pensieri inopportuni. Mormoro qualche banalità e la invito a sedersi, poi vedo che osserva con occhio attento i quadri appesi alle pareti. Prima di riuscire a fermarmi, mi trovo a illustrarglieli. «Un artista locale. Trouton.»
«Sono belli. Elevano l’ordinario a straordinario» dice lei con aria sognante, persa nella squisita fattura artistica dei miei quadri. Ha un bel profilo, naso all’insù, labbra morbide e piene, e ha trovato le parole che rispecchiano esattamente quello che sento io. “Elevano l’ordinario a straordinario.” Un’osservazione acuta. Miss Steele è sveglia.
Le dico che sono d’accordo e osservo il rossore che si fa strada sul suo viso ancora una volta. Mi siedo di fronte a lei e cerco di mettere un freno ai miei pensieri.
Tira fuori un foglio di carta stropicciato e un registratore digitale da uno zainetto. Un registratore digitale? “Ma una volta non andavano in giro con i registratori a cassette?” Cazzo, è così maldestra, fa cadere due volte quel dannato aggeggio sul mio tavolino Bauhaus. È ovvio che non ha mai fatto niente del genere prima, ma per qualche motivo che non riesco a spiegarmi trovo tutto piuttosto divertente. Di solito questo tipo di goffaggine mi irrita profondamente, mentre adesso cerco di nascondere il sorriso dietro l’indice e resisto alla tentazione di metterglielo a posto io.
Mentre lei si agita sempre di più, mi viene in mente che potrei migliorare le sue capacità motorie con l’aiuto di un frustino da equitazione. Usato come si deve, è in grado di rimettere in riga anche il soggetto più recalcitrante. Questo pensiero errante mi fa cambiare posizione sulla poltrona. Lei mi guarda, e intanto si morde il labbro inferiore. “Cazzo!” Come ho fatto a non accorgermi prima di quella bocca?
«M-mi scusi, non sono abituata a usare questo arnese.»
“Lo vedo, piccola” penso con ironia “ma in questo momento non me ne frega un cazzo, perché non riesco a togliere gli occhi dalla tua bocca.”
«Si prenda tutto il tempo che le occorre, Miss Steele.» Ho bisogno di un altro momento per ordinare i miei pensieri vagabondi. “Grey, adesso basta. Stop.”
«Le dispiace se registro le sue risposte?» mi chiede, con un’espressione candida e speranzosa.
Vorrei mettermi a ridere. “Mio Dio!”
«Me lo chiede adesso, dopo aver tanto faticato per far funzionare il registratore?» Sbatte le palpebre, e per un attimo ha uno sguardo smarrito. Mi sento leggermente in colpa, un sentimento che non mi è familiare. “Piantala di fare lo stronzo, Grey.”
«No, non mi dispiace» mormoro, non volendo essere il responsabile di quello sguardo.
«Kate, voglio dire, Miss Kavanagh, le aveva spiegato a cosa è destinata questa intervista?»
«Sì. Apparirà sul prossimo numero del giornale studentesco, dato che alla cerimonia di quest’anno sarò io a consegnare i diplomi di laurea.» Perché cazzo avrò accettato di farlo, non lo so. Sam, l’addetto alle pubbliche relazioni, sostiene che è un grande onore e che il dipartimento di Scienze ambientali di Vancouver ha bisogno di un po’ di pubblicità per trovare ulteriori finanziamenti di entità pari alla donazione fatta da me.
Miss Steele sbatte le palpebre e mi guarda di nuovo con gli occhioni azzurri spalancati, come se le mie parole fossero una sorpresa, e, cazzo… sembra che disapprovi! Ma non si è documentata neanche un po’ prima di venire qui? Queste cose dovrebbe saperle. Il pensiero mi raggela. È… spiacevole, non è certo ciò che mi aspetto, né da lei né da chiunque altro a cui concedo un po’ del mio tempo.
«Bene. Avrei alcune domande da farle, Mr Grey.» Si infila una ciocca ribelle dietro l’orecchio, distraendomi dalla sensazione di fastidio che ho provato.
«Lo avevo intuito» mormoro seccamente. “Mettiamola un po’ in imbarazzo.” Compiacente al punto giusto, comincia ad agitarsi, poi si riprende e raddrizza le spalle esili. Si china in avanti, preme il pulsante del registratore e si acciglia mentre abbassa lo sguardo sui suoi appunti stropicciati.
«Lei è molto giovane per aver creato un simile impero. A che cosa deve il suo successo?»
Oh, Cristo! Sono sicuro che può fare molto meglio di così. Che stupida domanda del cazzo. Neanche un briciolo di originalità. È veramente deludente. Tiro fuori la solita risposta sul fatto che negli Stati Uniti ci sono persone eccezionali che lavorano per me, persone in cui ripongo la mia fiducia, che sono ben pagate, bla bla bla. Ma, Miss Steele, la verità è semplice: nel mio lavoro sono un fottuto genio. Per me è come bere un bicchier d’acqua. Acquisto società in crisi e gestite male e le risano o, se sono casi disperati, le spoglio di tutto quello che può valere qualcosa, rivendendolo poi al miglior offerente. Bisogna solo saper distinguere tra i due casi, ed è sempre questione di chi si trova al comando. Per avere successo negli affari c’è bisogno di gente in gamba, e io so giudicare le persone meglio di chiunque altro.
«Forse ha solo avuto fortuna» osserva lei, con calma.
“Fortuna?” Ho un brivido di fastidio. “Fortuna?” Qui la fortuna non c’entra un cazzo, Miss Steele. Ha un’aria tranquilla e senza pretese, e poi se ne esce con queste osservazioni! Nessuno mi aveva mai fatto notare che poteva essere una questione di “fortuna”. Lavorare sodo, portare le persone dalla mia parte, tenerle d’occhio, magari dar loro una seconda possibilità e, se non sono all’altezza del compito, farle fuori senza pietà. “È questo quello che faccio, e lo faccio bene. La fortuna non c’entra niente! Ma vaffanculo.” Do sfoggio di erudizione tirando fuori una citazione di uno dei miei industriali americani preferiti.
«Lei sembra un maniaco del controllo» mi dice, e ha un’espressione assolutamente seria.
“Ma come cazzo fa?”
Forse quegli occhioni innocenti riescono davvero a leggere dentro di me. “Controllo” è il mio secondo nome.
Le lancio un’occhiataccia. «Oh, io esercito il controllo su tutto, Miss Steele.» “E mi piacerebbe molto esercitarlo su di te, qui e adesso.”
Lei spalanca gli occhi. Quel rossore così attraente le attraversa il viso un’altra volta e si morde di nuovo il labbro. Comincio a divagare, cercando di distrarre l’attenzione dalla sua bocca.
«Inoltre, se nelle proprie fantasie segrete ci si convince di essere nati per dominare, si acquista un potere immenso.»
«Lei pensa di avere un potere immenso?» mi chiede con una voce sommessa e vellutata, ma al tempo stesso inarca un sopracciglio, rivelando così la propria disapprovazione. Sono sempre più infastidito. Sta cercando deliberatamente di provocarmi? Non capisco se mi fanno incazzare di più le sue domande o il suo atteggiamento o il fatto di trovarla attraente.
«Ho più di quarantamila persone alle mie dipendenze, Miss Steele. Questo mi dà un certo senso di responsabilità… di potere, se preferisce. Se io dovessi decidere che il settore delle telecomunicazioni non mi interessa più e che voglio vendere, ventimila persone faticherebbero a pagare il mutuo dopo un mese o poco più.»
A questa risposta, rimane a bocca aperta. Comincia ad andare meglio. “Prendi e porta a casa, Miss Steele.” Sento che l’equilibrio sta tornando.
«Non ha un consiglio di amministrazione a cui rispondere?»
«La società è di mia proprietà. Non devo rispondere a nessun consiglio» dichiaro seccamente. Ma questo dovrebbe saperlo. Alzo un sopracciglio con aria interrogativa.
«E ha qualche interesse, al di fuori del lavoro?» continua come se niente fosse, interpretando correttamente la mia reazione. Sa che sono incazzato, e per qualche inesplicabile motivo questo mi dà un enorme piacere.
«Ho interessi molto vari, Miss Steele.» Sorrido. «Molto vari.» Nella mia mente si affacciano immagini di lei nelle posizioni più diverse nella stanza dei giochi: incatenata alla croce, a gambe e braccia spalancate sul letto, distesa sulla panca pronta a essere frustata. “Cazzo! Da dove viene tutto ciò?” Ed ecco… di nuovo quel rossore. È come un meccanismo di difesa. “Datti una calmata, Grey.”
«Che cosa fa per rilassarsi?»
«Rilassarmi?» Sorrido. Quelle parole uscite dalla sua bocca impudente suonano strane. E poi, quando mai ho tempo per rilassarmi? Ha idea del numero di aziende che controllo? Ma è lì che mi guarda con quegli ingenui occhioni azzurri e mi sorprendo a riflettere sulla sua domanda. Che cosa faccio per rilassarmi? Vado in barca a vela, volo, scopo… Metto alla prova i limiti delle ragazze brune come lei, e le rimetto in riga… Il pensiero mi costringe a cambiare posizione sulla sedia, ma le rispondo con calma, omettendo i miei due hobby preferiti.
«Lei investe nell’attività industriale. Perché, esattamente?»
La domanda mi riporta bruscamente al presente.
«Mi piacciono le cose. Mi piace sapere come funzionano: quali sono i loro ingranaggi, come costruirle e smontarle. E ho una passione per le navi. Cosa posso dire?» Distribuiscono cibo in giro per il mondo, prendono cose da chi le ha e le portano a chi non ne ha, e poi tornano e ricominciano daccapo. Che cosa c’è di male?
«Sembra che sia il suo cuore a parlare, più che la logica o i fatti.»
“Il cuore? Io? Oh, no, piccola.” Il mio cuore è stato massacrato fino a diventare irriconoscibile tanto tempo fa. «È possibile. Anche se certe persone direbbero che io non ho un cuore.»
«Perché direbbero una cosa del genere?»
«Perché mi conoscono bene.» Le rivolgo un sorriso sarcastico. In realtà nessuno mi conosce così bene, eccetto forse Elena. Mi chiedo che cosa ne penserebbe della piccola Miss Steele. La ragazza è un groviglio di contraddizioni: timida, ansiosa, evidentemente molto sveglia e arrapante da morire. “Sì, d’accordo, lo ammetto, è piuttosto gnocca.”
Fa la domanda successiva senza leggerla.
«I suoi amici direbbero che è facile conoscerla?»
«Sono una persona molto riservata, Miss Steele. Faccio di tutto per proteggere la mia privacy. Non rilascio molte interviste…» Per fare le cose che faccio, per vivere la vita che ho scelto, ho bisogno della mia privacy.
«Perché ha accettato di rilasciare questa?»
«Perché sono uno dei finanziatori dell’università, e a dispetto dei miei sforzi non sono riuscito a togliermi di torno Miss Kavanagh. Ha tormentato i miei addetti alle pubbliche relazioni fino all’esaurimento, e io ammiro questo genere di tenacia.» “Ma sono felice che sia venuta tu e non lei.”
«Lei investe anche in tecnologie agricole. Perché le interessa questo settore?»
«I soldi non si mangiano, Miss Steele, e troppe persone su questo pianeta non hanno abbastanza da mangiare.» La guardo negli occhi, impassibile.
«Sembra molto filantropico. È una cosa che la appassiona… sfamare i poveri del mondo?» Mi guarda con un’espressione interrogativa, come se fossi una specie di enigma da risolvere, ma non ho assolutamente intenzione di permettere a quei begli occhioni azzurri di sondare il buio della mia anima. Su questo argomento non si discute. Né ora né mai.
«È solo senso per gli affari.» Mi stringo nelle spalle, affettando una certa noia, e mi immagino di scopare quella dolcissima bocca per distrarmi dai pensieri legati alla fame nel mondo. Sì, quella bocca ha bisogno di un po’ di addestramento. Questo sì che è un pensiero affascinante, e mi concedo di immaginare questa ragazza in ginocchio davanti a me.
«Lei ha una filosofia? Se sì, quale?» Un’altra domanda fatta senza leggere.
«Non ho una filosofia vera e propria. Forse un principio guida, quello di Carnegie: “Un uomo che acquisisce la capacità di prendere pieno possesso della propria mente è in grado di prendere possesso di qualsiasi altra cosa a cui abbia diritto”. Sono un tipo molto particolare, motivato. Mi piace avere il controllo, di me stesso e di quelli che mi circondano.»
«Quindi vuole possedere le cose?» I suoi occhi si spalancano.
“Oh, sì, piccola. Per esempio, te.”
«Voglio meritarne il possesso, ma sì, alla fine, voglio possederle.»
«Lei sembra il consumatore ideale.» La sua voce è venata di disapprovazione, il che mi fa di nuovo incazzare. Sembra una ragazzina ricca che ha sempre avuto quello che voleva, ma dopo un’occhiata più attenta ai suoi vestiti – roba da grandi magazzini – capisco che non è così. Non è cresciuta in una famiglia ricca.
“Potrei davvero prendermi cura di te.”
“Merda, e questa idea da dove viene fuori?” Anche se, ora che ci penso, ho proprio bisogno di una nuova Sottomessa. Dopo Susannah quanto tempo è passato? Due mesi? Ed eccomi a sbavare su questa brunetta. Sorrido, in fondo sono d’accordo con lei. Non c’è nulla di male nel consumismo: dopotutto è la forza che traina quel che resta dell’economia americana.
«Lei è stato adottato. In quale misura ritiene che ciò abbia influenzato il suo modo di essere?»
E questo che cazzo c’entra con il prezzo del petrolio? La guardo malissimo. Che domanda ridicola. Se fosse stato per la puttana drogata, probabilmente a quest’ora sarei morto. La liquido con una non risposta, tentando di mantenere lo stesso tono di voce, ma lei continua a pressarmi, vuole sapere quanti anni avevo al momento dell’adozione. “Tappale la bocca, Grey.”
«È un’informazione di pubblico dominio, Miss Steele.» La mia voce è gelida. Dovrebbe sapere queste cose. Ora ha un’espressione contrita. Bene.
«Ha dovuto sacrificare la vita familiare al lavoro.»
«Questa non è una domanda» rispondo seccamente.
Arrossisce di nuovo e si morde quel maledetto labbro. Ma ha il buon gusto di scusarsi.
«Ha dovuto sacrificare la vita familiare al lavoro?»
“Perché dovrei volere una cazzo di famiglia?”
«Io ho già una famiglia. Un fratello, una sorella e due genitori amorevoli. Non mi interessa allargarla ulteriormente.»
«Lei è omosessuale, Mr Grey?»
“Ma che cazzo! Non riesco a credere che l’abbia detto davvero!” La tacita domanda che neanche la mia famiglia ha il coraggio di fare, cosa che mi diverte parecchio. “Ma come osa?” Devo combattere l’impulso di tirarla su da quel divano, mettermela di traverso sulle ginocchia e sculacciarla a sangue. E poi scoparmela sulla scrivania con le mani legate dietro la schiena. Questo risponderebbe alla sua domanda. Ma quanto è frustrante questa femmina! Faccio un profondo respiro per calmarmi. Con mio grande e vendicativo piacere, sembra decisamente imbarazzata dalla sua stessa domanda.
«No, Anastasia, non lo sono.» Alzo un sopracciglio, ma mantengo un’espressione impassibile. Anastasia. È un nome delizioso. Mi piace il modo in cui la mia lingua ci gira intorno.
«Le chiedo scusa. È… ecco… è scritto qui.» Si sistema nervosamente alcune ciocche dietro l’orecchio.
Non conosce neanche le sue domande? Forse non sono sue. Glielo chiedo, e lei impallidisce. Cazzo, è davvero molto attraente, di una bellezza sobria, quasi reticente. Mi spingerei quasi a dire che è stupenda.
«Ehm… no. È stata Kate, Miss Kavanagh, a prepararle.»
«Siete colleghe al giornale studentesco?»
«No, lei è la mia coinquilina.»
Allora non c’è da stupirsi che sia così in confusione. Mi gratto il mento, cercando di decidere se farle passare un brutto quarto d’ora oppure no.
«Si è offerta lei di farmi questa intervista?» le chiedo, e sono subito premiato dalla sua espressione sottomessa: occhi sgranati, nervosa per la mia reazione. Mi piace l’effetto che ho su di lei.
«Sono stata reclutata all’ultimo. Kate non sta bene.»
«Questo spiega molte cose.»
Qualcuno bussa alla porta, e compare Andrea.
«Mr Grey, mi scusi se la interrompo, ma il suo prossimo appuntamento è fra due minuti.»
«Non abbiamo ancora finito, Andrea. Per favore, annulla il prossimo appuntamento.»
Andrea esita, mi fissa a bocca aperta. Anch’io la guardo. “Fuori! Subito! Sono occupato con la piccola Miss Steele.” Andrea diventa paonazza, ma si riprende subito.
«Certo, Mr Grey» dice, poi gira sui tacchi e ci lascia soli.
Rivolgo di nuovo la mia attenzione all’intrigante e frustrante creatura seduta sul mio divano.
«Dove eravamo, Miss Steele?»
«La prego, non voglio distoglierla dai suoi impegni.»
“Oh, no, piccola, adesso tocca a me.” Voglio sapere se c’è qualche segreto da scoprire dietro quegli occhi meravigliosi.
«Voglio sapere qualcosa di lei. Mi sembra doveroso.» Mentre mi appoggio allo schienale e mi porto le dita alle labbra, i suoi occhi si fermano per un istante sulla mia bocca e lei deglutisce. “Ah, sì, il solito effetto.” È gratificante sapere che non è completamente insensibile al mio fascino.
«Non c’è molto da sapere» dice, arrossendo di nuovo. La intimidisco. “Ottimo!”
«Che progetti ha dopo la laurea?»
Si stringe nelle spalle. «Non ho fatto progetti, Mr Grey. Per il momento, mi basta superare gli esami.»
«Nella mia azienda abbiamo un ottimo programma di stage.» “Cazzo. Come mi è saltato in testa di dirle una cosa simile?” Sto per rompere una delle regole fondamentali: mai, mai scoparsi una dello staff. “Ma, Grey, non ti stai scopando questa ragazza.” Lei ha l’aria sorpresa, e affonda di nuovo i denti nel labbro. “Ma perché è così eccitante?”
«Me lo ricorderò» mormora. Poi, come soprappensiero, aggiunge: «Anche se non sono certa di essere adatta a questo posto».
“Perché diavolo non dovresti esserlo? Cosa c’è che non va nella mia azienda?”
«Perché dice così?» chiedo.
«È ovvio, no?»
«Non per me.» La sua risposta mi confonde.
Mentre prende il registratore è di nuovo in confusione. “Merda, se ne sta andando.” Ripasso mentalmente i miei impegni del pomeriggio, non c’è nulla che non possa aspettare.
«Vuole che le faccia fare un giro dell’azienda?»
«Sono certa che lei è molto impegnato, Mr Grey, e io devo fare un lungo viaggio.»
«Deve tornare a Vancouver?» Lancio un’occhiata alla finestra. Non è un viaggio da poco, e ha cominciato a piovere. Non dovrebbe guidare con questo tempo, ma non posso proibirglielo. «Be’, è meglio che guidi con prudenza.» Il mio tono è più severo di quanto volessi.
Lei armeggia con il registratore. Vuole andarsene dal mio ufficio e, per qualche ragione che non mi so spiegare, io non voglio che se ne vada.
«Ha ottenuto quello che le serviva?» aggiungo, nell’assai trasparente tentativo di trattenerla.
«Sì, signore» mi risponde con calma.
La sua replica mi manda al tappeto – il suono di quelle due parole mentre escono da quella bocca impudente – e per un istante mi immagino di poter avere la sua bocca ai miei ordini.
«Grazie per l’intervista, Mr Grey.»
«È stato un piacere» rispondo, e sono sincero visto che nessuno da tempo mi affascinava così. La cosa mi turba.
Si alza e le tendo la mano, impaziente di toccarla.
«Alla prossima, Miss Steele.» Parlo a voce bassa mentre lei mette la sua piccola mano nella mia. “Sì, voglio frustare e scopare questa ragazza nella mia stanza dei giochi.” La voglio legata… che mi vuole, che ha bisogno di me, che si fida di me. Deglutisco. “Non succederà, Grey.”
«Mr Grey.» Annuisce e ritrae in fretta la mano. Troppo in fretta.
“Merda, non posso lasciarla andare via così.” È ovvio che non vede l’ora di andarsene. L’irritazione e un’illuminazione mi colpiscono simultaneamente mentre le tengo aperta la porta per farla uscire.
«Solo per assicurarmi che la oltrepassi indenne, Miss Steele.»
La battuta la fa arrossire, con quella deliziosa tonalità rosata.
«È molto premuroso da parte sua, Mr Grey!» risponde piccata.
Miss Steele mostra i denti! Sogghigno dietro di lei mentre esce, e la seguo. Sia Andrea sia Olivia mi guardano sbalordite. “Sì, sì, sto solo accompagnando la ragazza all’uscita.”
«Ha un soprabito?» le domando.
«Una giacca.»
Rivolgo uno sguardo corrucciato a Olivia che, con il suo sorriso affettato, si alza immediatamente per recuperare una giacca blu marina. La prendo, e le ordino con lo sguardo di rimettersi a sedere. Cazzo, Olivia è fastidiosa. Mi guarda per tutto il tempo con quella sua aria trasognata.
Mmh, come pensavo, la giacca è un capo da grandi magazzini. Miss Anastasia Steele dovrebbe vestirsi meglio. Gliela porgo e, mentre la aiuto a indossarla, le tocco la pelle alla base del collo. Il contatto la fa irrigidire. Impallidisce. “Sì!” Le ho fatto effetto. La consapevolezza di ciò è estremamente piacevole. La accompagno all’ascensore e premo il pulsante, mentre lei rimane al mio fianco, nervosa.
“Saprei io come calmarti, piccola.”
Le porte si aprono; lei entra in fretta e poi si gira.
«Anastasia» le mormoro congedandola.
«Christian» sussurra. Le porte dell’ascensore si chiudono, lasciando il mio nome sospeso a mezz’aria, come un suono strano, sconosciuto, eppure sexy da morire.
“Cazzo, che cos’è stato?”
Devo saperne di più su questa ragazza. «Andrea» grido, ritornando a grandi passi in ufficio. «Chiamami Welch, subito.»
Seduto alla scrivania mentre attendo la chiamata, guardo i quadri alle pareti dell’ufficio e le parole di Miss Steele mi risuonano nella mente. “Elevano l’ordinario a straordinario.” Potrebbe benissimo aver descritto se stessa.
Sento suonare il telefono.
«Mr Welch in linea.»
«Passamelo.»
«Sì, signore.»
«Welch, ho bisogno di un controllo sul passato di una persona.»”

Una voce completamente diversa, vero?
Pensateci su.

Alla fine, quello che voglio dire è che la pubblicità corposa può molto. Moltissimo.

Ma non sarebbe servita a nulla se già di per sé questi libri non avessero avuto le carte giuste per poter attecchire su un pubblico ampissimo.

Quello che fa il marketing è creare una storia per vendere un prodotto. Nel caso di un romanzo crea una storia per vendere una storia.

Ma voi siete proprio sicuri di averla una storia?

Perché, scrivere un libro non è la stessa cosa che scrivere una storia.
E un bravo editor lo sa. E sa come si fa a leggere fra le righe delle pagine che gli vengono proposte.

La prossima volta che vi trovate davanti a un caso editoriale, leggetevelo.
E poi cercate di capire quali siano i meccanismi che davvero stanno alla base del suo successo, togliendo dall’equazione la portata mediatica.
Sono certa che potreste aggiungere un paio di frecce inaspettate al vostro arco.

#Domandario Alternante

#Marketing

#ImpariamoInsieme   #Sesso e Carnazza

#Narrativa Erotica   #FaVeramenteCaldo

#unprocionealgiorno…

© Redazione Coffa ~ Erika Sanciu. Tutti i diritti riservati.

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