DALLA COFFA CON FURORE,  IMPARIAMO INSIEME ~ TECNICHE NARRATIVE

ER(RARE) HUMANUM EST

I più cinici (o realisti) potrebbero dire che se abbiamo capito una cosa, riguardo all’articolo di giugno del Venerdì di Repubblica sul RARE ( Romance Authors & Readers Events) che si è tenuto a Roma quest’anno, è che la gente non sa leggere.

Un’affermazione dalle molteplici valenze che può essere applicata a ventaglio su diversi argomenti, che variano dalla comprensione del testo spicciolo dell’articolo stesso (che si è ritrovato a ricoprire la parte del crogiolo del male volto a etichettare i generi letterari in base alla tipologia stereotipata del pubblico medio presunto), all’assunto che ne deriva secondo cui si leggono libri di melma perché non si è capaci di scindere cosa sia DAVVERO un bel libro.

A me non importa di discutere di questo. Ognuno legga ciò che più preferisce, anche gli inci dei propri bagnoschiuma per cercare “ispirazione” sulla tazza; proprio non mi tange.

Però lo spunto è interessante per poter sviscerare un argomento più succulento: gli interessi putrefatti che orbitano intorno alla macchina editoriale e ai suoi lunghi tentacoli vischiosi.

Facciamo conto che io sia una Casa Editrice: “La Cialtrona Spa”.

Essendo un’impresa, ho bisogno di vendere e di fare soldi, perché ho delle spese a cui fare fronte, sennò chiudo i battenti in meno del tempo che ci metto a dire “mapporc…”.

Faccio indagini di mercato e trovo una breccia: alle donne piace leggere storie d’amore, e visto che la maggior parte dei lettori in realtà sono LETTRICI, mi faccio due conti in tasca e investo in quel settore.

Vendo un sacco di libri “Rosa” (lo metto fra virgolette, perché sarebbe meglio chiamarli “romance”: le parole hanno due accezioni diverse). E più ne metto in catalogo e più so che potrò venderne…

Ma come faccio a fare in modo che l’interesse che si è creato non si affievolisca e il mercato non venga saturato?

Sono furba.

Ho due scelte:

  • la prima è lavorare sui contenuti. Faccio un lavoro approfondito di scouting sui nuovi autori, impiego un sacco di energie nel formare professionisti che sappiano riconoscere un bel libro, che lo sappiano promuovere, e che lo sappiano piazzare nel cuore e nel portafogli delle mie potenziali clienti. Cosicché loro siano contente, e anche io. Ma, ehi!, fare tutto questo lavoro costa un sacco di soldi e io ho bisogno di avere margine per poter rimanere a galla in un mondo in cui i libri sono sempre meno considerati merce essenziale;
  • la seconda è fare incetta di titoli, senza troppo curarmi della qualità, e spacciare quel prodotto non propriamente eccelso per passabile, anzi appetibile. Che mi importa se il pubblico più competente non apprezza?! Gli intenditori sono notoriamente un numero esiguo. Posso attingere a un bacino di utenza non così ferrato a cui posso agevolmente far passare questa “roba” per buona.

Sai che c’è?

Posso anche sensibilizzare le persone a credere che sia roba di qualità se ho un sacco di blogger e “influencer” che con un profluvio di parole continuo fanno pubblicità “aggratis” alla mia nutrita schiera di titoli.

Le mie tasche si riempiono, io non sto facendo assolutamente una mazza e posso garantirmi entrate sostanziose. Olè! Missione compiuta.

Allora, vediamo di capirci bene.

Cercare di abbassare il livello culturale dei lettori, per elevare un prodotto che è mediocre, non è propriamente l’intento della letteratura. Vendere un prodotto che appaga i sensi in maniera effimera, senza lasciare alcunché dopo aver chiuso l’ultima pagina (se non appagare un desiderio di evasione) non è narrativa: è pornografia letteraria.

Capite a cosa mi riferisco?

Una cosa è l’amore per un libro, una cosa è il soddisfare una pulsione momentanea, che non lascia alcun tipo di strascico.

Volete masturbare il vostro ego romantico? Fatelo, per l’amor del cielo, fatelo.

Ma siatene consapevoli: vi stanno fregando.

Tutta l’evasione che state cercando, tutta l’astrazione che bramate, tutta l’adrenalina che volete far scorrere nelle vene, la trovate anche in un ROMANZO che possa dirsi tale.

La narrativa, quella fatta bene, mette al centro di tutto la STORIA.

La storia è il mezzo con il quale uno scrittore veicola un messaggio attraverso le parole.

Non può essere declassata a un pretesto per eccitare la mente e stop. Non se lo merita affatto.

La narrativa ha il compito di elevare la mente del lettore, portarla in alto, oltre quella coltre di smog che ci soffoca ogni giorno, e spingerla talmente in alto da darle la possibilità di vedere oltre il primo orizzonte. Di fluttuare libera, e di vedere che l’aria fetida che respirava e l’opprimeva, da lì, non è altro che una sottile linea grigia inconsistente.

Volete parlare di torbido? Fatelo.

Ma DEVE esserci un motivo.

Non deve essere un mero pretesto per accozzare parole a casaccio o ad effetto, deve essere un percorso mentale che mi faccia sperimentare una gamma di sensazioni che mi lasci un segno indelebile dentro. Che mi faccia riflettere, che mi rimescoli le idee finché non arrivi a innestarne di nuove. Più interessanti e complesse, più concrete e personalizzate.

La narrativa educa ed eleva.

Se non avete rispetto di questo, non importa che genere di libri leggiate, state facendo un torto a voi stessi e a ciò che potreste essere domani.

Sperimentate ciò che è la brutta narrativa, ma fatelo per capire come NON dovrebbe essere un libro. Affinate le vostre scelte, in modo che siano sempre più oculate.

Persino Thomas Edison diceva che non aveva fallito duemila volte prima di riuscire a creare la lampadina, ma che aveva trovato solo duemila modi in cui NON SI POTEVA fare.

Tenetelo a mente.

E accendete tutte le lampadine mentali di cui disponete.

C’è bisogno di luce. Tanta.

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Cercando la luce…
© Art by Erika Sanciu

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