UNISCE, SEPARA, INTERROMPE: IL TRATTINO
Il TRATTINO è un po’ come quell’aggeggio che tutti guardano curiosi e perplessi dentro la cassetta degli attrezzi, perché il suo utilizzo appare sempre un po’ vago e ostico. Tutti sanno che ha uno scopo preciso, ma non ci si preoccupa mai di capire fino in fondo quale sia.
Intanto: I trattini non sono tutti uguali, anche se hanno pari diritti.
Lo so, lo so.
A nessuno importa del sindacato dei trattini.
Ma ogni tanto è bene parlarne, giusto per non farli cadere nel dimenticatoio. E anche perché, a volte, l’attrezzo inaspettato è quello che ti svolta la riparazione in maniera sorprendente.
Esistono tre tipi di trattini:
- trattino corto;
- trattino medio;
- trattino lungo.
E ognuno di loro ha una funzione specifica.
Il TRATTINO CORTO ( – ) è quello che ha più complessi psicologici. Tutti quanti lo sfruttano e nessuno lo ringrazia mai.
Fondamentalmente, è il segno che si usa per creare termini composti: socio-economico, agro-alimentare, pigia-pigia, spazio-tempo, Milano-Napoli, sud-ovest, colui-che-non-deve-essere-nominato, Bat-man… no, Batman no.
‘Sti supereroi egocentrici…
Comunque, estrapolando da fonti più autorevoli di me, mamma Treccani dice che:
- è una congiunzione che indica unione o alternativa se posto fra due numeri: “l’ho già chiamato quattro-cinque volte”;
- unisce due elementi che normalmente sarebbero inseriti in costrutti retti da: “da… a”, “tra… e”, “di… e”, e che diventano un unico blocco a sé: “la tratta Milano-Napoli”, “sto guardando Inter-Roma”, “l’accordo Malefica-Jafar aprirà le porte a nuove prospettive”;
- marca i legami fra due nomi che hanno un rapporto di subordinazione o di altra natura: “ascolti-record”, “incontro-scontro”;
- spesso sono costruzioni che derivano dall’inglese in cui viene posto il determinante prima del determinato: “unisciti al Procione-pensiero” invece che “il pensiero del Procione”;
- si mette per congiungere due aggettivi, il primo dei due al maschile singolare: “pianificazione socio-economica”;
- indica l’unione di un prefisso (o prefissoide) a una parola, preferibilmente nei nomi composti di nuova formazione od occasionali, prima che diventino norma e il trattino venga accorpato: “eco-incentivi”;
- nei testi scientifici viene utilizzato per accorpare parole che hanno lo stesso suffisso ma diverso prefissoide: “epato- e nefro-patie”.
Ah, sì… a proposito. Si usa anche per introdurre gli elenchi. Ma immagino che l’abbiate visto.
Il TRATTINO MEDIO ( – ) soffre di un disturbo della personalità perché ha molteplici applicazioni, ma soprattutto perché può essere chiamato con nomi diversi. Molti lo conoscono come LINEETTA.
Capite bene perché abbia problemi di inquadramento individuale.
Cominciamo col dire che non è un segno che usano tutti comunemente. Per capirsi, non è mainstream come lo sono la VIRGOLA o il PUNTO; per quanto, vabbè, non è che anche loro se la passino tanto meglio.
Ma può essere un elemento di stile raffinato – se gestito con criterio – perché presuppone un cambio di tono in ciò che vogliamo sottolineare nella frase.
È una pausa un po’ più lunga di una virgola e serve a “separare” un inciso ponendolo in una posizione “scostata” dal discorso, come se fosse in qualche modo “sia esterno che interno” ad esso. Prendete i virgolettati con la giusta dose di virgolette.
Il trattino medio viene usato generalmente in coppia, in apertura e in chiusura di un inciso. Proprio come le parentesi, con la differenza che, a volte, il trattino non è necessario chiuderlo. Quando il trattino non viene chiuso, ci si appoggia al punto per chiudere la frase.
Sembrava serio – per i suoi standard – era meglio non contraddirlo.
Lo guardò con disapprovazione – era veramente un rompipalle di prima categoria, ma in fondo gli voleva bene.
In questa veste può anche risolvere un ANACOLUTO, cioè una frattura nella sequenza sintattica che devi bruscamente, introducendo una parte che non rispetta la coesione della frase:
Che poi – no, non aveva alcun senso comunque la volesse vedere.
BONUS PUNTEGGIATURA:
Visto che me l’hanno chiesto, ed è un dubbio legittimo, è giusto integrare questa parte.
«Il trattino medio e la virgola possono stare vicini, o è un errore?»
Be’, questa domanda può sembrare banale, ma non lo è. Il trattino medio e la virgola sono due pause di media entità; allora perché dovrei metterle vicine? Sarebbe come mettere due virgole insieme, o una virgola e un punto e virgola. No?
Non esattamente.
Esistono casi in cui la virgola può precedere il trattino medio (soprattutto quando viene utilizzato nei dialoghi), e un caso in cui a virgola può seguire il trattino medio.
Se siamo in presenza di un elenco orizzontale, separato da virgole, potremo trovarci ad avere questa combinazione se alcune di questa voci fossero arricchite da degli incisi.
Ho comprato: una borsa di Gucci – proprio quella che volevo! –, un rossetto rosso e un paio di sandali.
In questo caso è legittimo usarli insieme, in questa combinazione, perché la virgola si riferisce alla successione della lista, mentre il trattino evidenzia il pensiero correlato alla specifica voce della borsa.
Senza dubbio, una casistica poco comune ma esistente. E che quindi vale la pena di prendere in considerazione.
Trattini medi e parentesi si possono usare indistintamente?
Sni.
Se vogliamo citare Elwyn Brooks White:
“Il trattino (medio) è un segno di separazione più forte della virgola, meno formale dei due punti, e meno rigido della parentesi”.
A livello di norma, i trattini medi e le parentesi potrebbero essere anche interscambiabili perché assolvono un compito molto simile.
Sono entrambi dei segni che COMPLICANO il periodo perché obbligano a mantenere l’attenzione alta (per non inciampare e/o perdere il filo del discorso che stiamo leggendo, mentre deviamo per poi rientrarci dentro). Per questo, se preferiamo uno stile diretto, è bene dosarli entrambi con parsimonia.
Però diciamo che VISIVAMENTE hanno due valenze grafiche diverse.
Le PARENTESI hanno proprio la connotazione di un muro. Come dice E. B. White creano uno stacco più rigido. Per questo si tende a usarle in casi in cui è necessario avere una separazione più netta: implicitamente permettono una divagazione più lunga e ci consentono di poter indugiare su un oggetto che esula un po’ dall’argomento trattato.
Il TRATTINO MEDIO è come un ponticello, invece. Un piccolo guado di sassi che ci permette di affiancare il discorso portante, con deviazioni più corte e più “intessute” nel testo. Presuppone un cambio di tono, di solito un abbassamento, come se delineasse qualcosa da dire a parte ma comunque pertinente.
(TRAPPOLONE: Usarlo all’interno di un testo narrativo dà spazio al narratore invadente e alle sue considerazioni personali, perciò attenzione alle circostanze in cui lo sfruttate.)
Il trattino medio, volendo, introduce anche il dialogo. È lì che tutti lo chiamano LINEETTA. Anche se questa pratica è molto utilizzata in altri paesi, è bene conoscerla per riconoscerne le regole quando ce le troviamo davanti.
Rispetto ad altri segni di interpunzione che evidenziano i parlanti, la LINEETTA è quella che presenta più insidie.
Prima di tutto non ci permette di capire chiaramente dove venga aperta e dove venga chiusa perché, a differenza delle altre virgolette, non ci aiuta in tal senso “impacchettando” il testo.
«Ehi, ciao. Come va?»
“Ehi, ciao. Come va?”
– Ehi, ciao. Come va?
– Benissimo, grazie…
Infatti, la LINEETTA chiude con il punto (o altri segni di interpunzione) la battuta; a meno che non sia interrotta da un BEAT o un DIALOGUE TAG. A quel punto si mette una seconda lineetta, proprio come se fosse un inciso.
– Ehi, ciao. – Si grattò la testa nervoso. – Come va?
– Benissimo, grazie…
Maiuscola o minuscola dopo la battuta?
A volte, capita di avere un po’ di sfasamento al riguardo, perché nei testi non sempre si capisce quando sia giusto proseguire con la minuscola e quando con la maiuscola.
Diciamo che si può proseguire con entrambi, quando si presentano le giuste condizioni.
Se c’è un Dialogue tag, anche dopo il segno di punteggiatura ci vuole la minuscola perché la frase che regge la battuta non è interessata dalla punteggiatura. È come se la contenesse.
– Ciao, come va? – indagò. – Ho saputo di tua moglie.
– Eh, già – sospirò mesto – brutta storia.
Nel secondo caso va comunque la MINUSCOLA perché la frase della battuta non è conclusa e il dialogue tag fa da pausa/ponte fra le due parti.
— Eh, già. — Si portò la mano alla testa e la passò fra i capelli. — Brutta storia. Non so se ce la faremo.
In questo caso, ci va la MAIUSCOLA perché la pausa è più accentuata, e il Beat crea uno stacco più netto fra le due battute che sembrano proprio due parti diverse.
Quindi: i DIALOGUE TAG vogliono il minuscolo e i BEAT il maiuscolo. (Ma tutto è comunque soggetto alle norme redazionali di ogni casa editrice.)
Tra l’altro, in base alla formattazione del testo sulla pagina, dagli scambi di battute potrebbe essere è difficoltoso sapere se è proseguimento dello stesso personaggio o se è la risposta del secondo.
E dove sta il problema?
Non è che ce ne sia palesemente uno. Però, in testi in cui abbiamo una successione di battute serrata, con molti accapo che si alternano, è più facile “perdersi” l’attribuzione della battuta. E quindi questo potrebbe risultare uno svantaggio. Non sempre la logica del dialogo aiuta in questo senso, quindi bisogna fare particolarmente attenzione quando si usa la lineetta. Magari utilizzando un rientro sull’accapo quando la battuta cambia di personaggio.
Altra cosa: le virgolette hanno una loro gerarchia, che è utile a citare frasi dette da altri, a inserire titoli o altro. I caporali («…») contengono le virgolette alte (“…”) che a loro volta contengono le virgolette singole (‘…’).
E la lineetta?
La lineetta ha tutta una sua giurisdizione: volendo si può inserirle all’interno tutta la gerarchia presentata prima.
Ma, c’è un ma.
Nel caso in cui abbiamo una battuta moooolto lunga (sorvolando il fatto che possa DAVVERO servircene una), in cui siamo obbligati ad andare a capo perché il personaggio continua a parlare, con i caporali possiamo evitare di chiuderli e riaprirli nel nuovo capoverso. Così non ci saranno problemi a capire di chi sia la battuta.
Nel caso della lineetta il solo fatto di andare a capo presuppone un cambio di parlante. E quindi dovremmo ricorrere a un altro segno grafico (in questo caso il caporale aperto) per capire che l’attribuzione della battuta è sempre dello stesso personaggio.
«E poi sono andato a prendere le cose che mi aveva chiesto. Ho fatto una fatica boia con quelle buste e mi hanno segato le mani. Tornato a casa l’avrei ammazzata: si stava dando lo smalto come se niente fosse.
«Capisci? Non mi ha nemmeno aperto il portone perché sennò lo smalto si sciupava.»
– E poi sono andato a prendere le cose che mi aveva chiesto. Ho fatto una fatica boia con quelle buste e mi hanno segato le mani. Tornato a casa l’avrei ammazzata: si stava dando lo smalto come se niente fosse.
«Capisci? Non mi ha nemmeno aperto il portone perché sennò lo smalto si sciupava.
(Sì, la seconda versione non è il massimo. Ma tant’è…)
Comunque, possiamo sopperire a questa cosa?
Certo!
In primo luogo possiamo fare in modo che un beat ci indichi che il personaggio sta ancora parlando. Così potremo riaprire la lineetta e proseguire con la nostra battuta.
La seconda accortezza che possiamo osservare è evitare battute molto lunghe, anche e soprattutto per evitare l’effetto “testa-parlante”.
«Eh, aspetta un attimo, però. Io ho sempre visto il dialogo introdotto da una lineetta più lunga…»
Eh. Già.
Visto che lo usiamo poco, il TRATTINO LUNGO (―) spesso lo si trova proprio a beneficio del dialogo, a introdurre le battute.
Questo perché, probabilmente, in un testo in cui usiamo i trattini medi per gli incisi, ritrovarseli anche nei dialoghi non è proprio il massimo.
Creano una sovrapposizione di intenti e confusione nel lettore, perché non lo aiutano a rendere immediata la decodifica dei segni grafici della storia.
Infatti, se la lineetta apre il dialogo, non può essere inserito all’interno della battuta un inciso con i trattini, sennò non si capisce cosa stiamo realmente leggendo.
– Era la più carina di tutte – quella mora intendo – e mi sono immaginato sulla spiaggia con lei, a sorseggiare un Apple-tini.
– Qualcosa di meno esoso, no?
Capito il problema?
Nella nostra testa quell’inciso è pericolosamente in bilico fra essere dentro la battuta ed essere un beat (che ovviamente non è).
Allora, a posto. Problema risolto. Il trattino lungo va usato per i dialoghi.
NO.
Cioè sì, ma non in quel modo: anche il TRATTINO LUNGO ha un suo utilizzo mirato. Oltre a soffrire di complessi d’inferiorità a causa del suo bistrattamento.
E comunque utilizzarlo nello stesso modo di prima non risolve la situazione.
— Era la più carina di tutte – quella mora intendo – e mi sono immaginato sulla spiaggia con lei, a sorseggiare un Apple-tini.
— Qualcosa di meno esoso, no?
La sua leggera differenza di lunghezza non aiuta a eliminare l’effetto del problema posto prima.
Il TRATTINO LUNGO, invece, è utilissimo se vogliamo troncare una frase. Non solo in un dialogo, ma anche in un capoverso descrittivo.
«Computer, cancella cronologia statistiche.»
«Serve un’autorizzazion—»
«Fallo.»
«Cronologia cancellata.»
E lo so già cosa state per dire: «Ma ci sono i punti di sospensione per questo!»
Eh, no, piccoli procioni. I puntini di sospensione hanno proprio la funzione di SOSPENDERE, di sfumare, di alludere. Il trattino lungo invece è un colpo di forbice, un’interruzione brusca. Sandro Veronesi lo paragona a un colpo di accetta.
«Hai avuto anche tu la sensazione che—»
«… fosse un coglione?»
«Non proprio.»
«Hai avuto anche tu la sensazione che…»
«… fosse un coglione?»
«Esattamente.»
Nel primo caso, si ha la sensazione che la seconda persona si sia inserita nella conversazione per piegarla a proprio piacimento.
Nel secondo caso, i puntini di sospensione suggeriscono un ammiccamento fra i due personaggi. Proprio come se ci si aspettasse dall’altro che concluda la frase nel modo in cui hanno già pensato entrambi.
Sono due sfumature, ma che evidenziano utilizzi nettamente diversi.
Il trattino lungo può essere usato anche per troncare un capoverso descrittivo, specialmente quando stiamo narrando in prima persona e al presente. Perché, in quel caso, la narrazione è un misto di pensieri personali del personaggio che si fondono con le sue percezioni dell’ambiente in cui è immerso.
Ma dove l’ho messo quell’aggeggio? Eppure mi sembrava di averlo infilato in fondo al cassett—
Eccolo!
È uno stratagemma che ci permette anche di trasformare alcune descrizioni in considerazioni personali del personaggio, come ho già fatto vedere in altri articoli. E in particolar modo nell’articolo che parla di scrittura in prima persona.
Lì sono stati inseriti anche degli esempi tratti da libri editi in Italia. Vorrei sottolinearlo perché molti detrattori del trattino lungo (in questa veste di “troncatore”) si trincerano dietro alla frase: «Ma è una consuetudine solo americana. Che si tengano le loro abitudini, noi abbiamo le nostre.»
Beh, io questo patriottismo narrativo non lo comprendo. Se qualcosa può funzionare in maniera più efficace, non c’è alcun motivo per non tenerla presente.
Logicamente non esiste niente di imposto, ogni Casa Editrice ha le proprie norme redazionali che segue. Però, secondo me, progettando un testo, è sempre bene avere tutte le informazioni a disposizione per sapere al meglio come utilizzarle.
Adesso sapete che tutti i trattini non sono uguali, e che vanno trattati adeguatamente, in base al trattato dei trattini intrattabili.
Ecco, e dopo questa, sipario!
Alla prossima settimana con la nuova puntata di “Chi vuol essere un procione?”.
#trattino
#lineetta
#unprocionealgiorno…
#untrattinoèpersempre
PS: i trattini, oltre a quello corto, nella tastiera si trovano fra i simboli speciali. Si possono richiamare con ALT + 0150 (trattino medio) e ALT + 0151 (trattino lungo). Se volete velocizzare, vi conviene assegnarli come “correzione a una data combinazione di tasti” nel vostro programma di scrittura.
Io, ad esempio, ho assegnato il trattino medio alla digitazione di due trattini corti consecutivi, e quello lungo a quella di tre.
#TrucchettiProcionici
© Redazione Coffa ~ Erika Sanciu. Tutti i diritti riservati.
3 Comments
Carola
Articolo molto chiaro, grazie mille! Ho sempre avuto il dubbio su quale fosse la differenza tra i vari trattini e in quali situazioni si dovesse utilizzare uno piuttosto che l’altro. Ho solo una domanda riguardo al trattino medio e cioè se è possibile inserire una virgola dopo il trattino finale oppure è preferibile di no.
Mi spiego meglio: nell’esempio che lei ha fatto
“Sembrava serio – per i suoi standard – era meglio non contraddirlo”
non è meglio inserire una virgola prima di era e quindi far diventare la battuta
“Sembrava serio – per i suoi standard –, era meglio non contraddirlo” ?
Il mio dubbio è più legato all’intonazione, perché leggendo si tende a mettere una pausa (quindi come se ci fosse una virgola) a fine inciso, come se la porzione di battuta a cui si riferiscono i trattini fosse finita e per questo deve essere “divisa” con una virgola dalla restante parte.
Mi rendo conto, però, che forse la virgola dopo il trattino rischia di appesantire solo la punteggiatura della battuta oltre al fatto che a livello estetico non è molto bello da vedere, per questo vorrei la sua opinione.
Grazie in anticipo.
redazionecoffa
Ciao Carola,
intanto dammi tranquillamente del tu, che sennò mi sento mia nonna…^_^
Nell’esempio che hai citato il trattino medio è usato per evidenziare una semplice constatazione: la fa il personaggio, in veste di narratore, che filtra il flusso di pensieri in corso.
Non è una battuta vera e propria.
La virgola, non serve dopo il trattino che chiude l’inciso, anzi è proprio un errore. È come mettere un punto e virgola dopo una virgola, per dire.
Ovviamente, tutto cambia se parliamo di una battuta vera.
In quel caso si operano altre scelte per gestire le pause.^_^
redazionecoffa
Eccomi di nuovo!
Mi è venuto in mente un esempio valido per la domanda che facevi sul trattino più la virgola.
Esiste un caso in cui andrebbe bene, ed è un elenco orizzontale in cui siamo presenti incisi in alcune voci.
“Ho comprato: una borsa di Gucci – proprio quella che volevo! –, un rossetto rosso e un paio di sandali.
In questo caso è giusto avere i due segni vicini perché la virgola definisce la sequenza dell’elenco e l’inciso i pensieri del narratore.
Farò un EDIT e l’aggiungerò all’articolo. Quindi grazie per la tua domanda.
^_^